In un momento di carovita le nostre finanze si riducono ulteriormente: pensioni più basse! Vediamo da quando.
Il fisico Albert Einstein sosteneva che l’Universo e solo esso potesse dirsi infinito…noi aggiungiamo che, purtroppo, anche le brutte notizie non finiscono mai! E l’ultima stangata riguarda le pensioni che continuano ad essere uno dei temi più scottanti nel nostro Paese.
Infatti i fronti su cui lavorare, quando si parla di pensioni, sono tanti e i nodi da sciogliere ancora di più. Da un lato ci sarebbe l’esigenza di agevolare le uscite anticipate in modo da favorire le assunzioni stabili di nuove risorse giovani così da contrastare la disoccupazione.
Dall’altro lato, però, c’è anche la necessità di aumentare gli assegni previdenziali che, al momento, sono tra i più bassi in Europa. La maggior parte dei pensionati, infatti, vive con circa 600 euro al mese che corrispondono alla pensione minima. Purtroppo, tuttavia, la mancanza di risorse nelle casse statali sta spingendo il Governo nella direzione opposta e, dunque, prepariamoci a pensioni ancora più basse.
Ennesima stangata in arrivo per milioni di italiani: le pensioni verranno ulteriormente ridotte. Non solo gli assegni previdenziali in Italia sono tra i più risicati in Europa e del tutto insufficienti a fare fronte ai costi della vita ma verranno tagliati ulteriormente.
La situazione è tragica e a pagare le conseguenze saranno, soprattutto, coloro che andranno in pensione nei prossimi anni. Infatti si prevede che nei prossimi anni, forse già a partire dal 2026-2027, le pensioni verranno tutte interamente ricalcolate con il sistema contributivo.
Per chi non conoscesse bene questi termini, facciamo un passo indietro. Fino al 1995 l’importo delle pensioni veniva calcolato con il sistema retributivo che teneva conto della media degli stipendi che un lavoratore aveva ricevuto negli ultimi anni. Dal 1996 in poi, invece, le pensioni vengono calcolate con il sistema contributivo che tiene conto non degli stipendi ma dei contributi versati.
In pratica oggi le pensioni vengono calcolate in questo modo: il montante contributivo – cioè l’insieme dei contributi versati – viene moltiplicato per un coefficiente di trasformazione che aumenta con l’aumentare dell’età. Ad incidere sull’importo della pensione contano, dunque, il numero di anni di contributi versati, l’età anagrafica ma anche lo stipendio.
Perché lo stipendio? Perché un lavoratore dipendente – tra la sua quota e la quota del datore di lavoro- versa ogni mese circa il 33% del suo stipendio all’Inps. Va da sé che il 33% di 1000 euro è ben diverso del 33% di 5000 euro. Pertanto chi ha uno stipendio basso avrà una pensione bassa.
Questo sistema, ad oggi, è in vigore solo per chi non ha contributi antecedenti al 1996. Mentre chi ha almeno un contributo prima di tale anno ha diritto alla pensione calcolata con il sistema misto che è un po’ più vantaggioso in quanto è un mix tra sistema contributivo e vecchio sistema retributivo. Ma il sistema misto costa di più allo Stato che, quindi, già nei prossimi anni – si presume già nel 2026-2027 – potrebbe abbandonarlo e decidere di ricalcolare tutte le pensioni con il sistema contributivo.
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