È un’espressione molto comune, quando si vuole suggerire a qualcuno di stare in allerta e di non cadere nei tranelli. Ecco, però, da cosa deriva
Quante volte pronunciamo frasi e modi di dire che abbiamo assorbito dall’ambiente famigliare, crescendo? L’atmosfera in cui cresciamo, infatti, getta le fondamenta della persona che diventiamo. I valori, i punti di vista ma anche i modi di dire e di fare vengono trasmessi da padre in figlio e, come un bagaglio invisibile, costituiscono il carattere di ciascuno di noi.
Il modo di dire “Non farti infinocchiare!” viene pronunciato quando si vuole suggerire a qualcuno di porre attenzione a ciò che sta per fare o per dire, così da non cadere nel tranello o nella trappola pronta ad acchiapparlo.
Vi siete mai chiesti, però, cosa possa mai centrare il finocchio con trappole e tranelli? Ecco la presunta origine di questo modo di dire così apprezzato e usato in Italia.
Secondo gli antichi Greci, il finocchio ha un ruolo molto importante nella cultura e nella società. Si narra, infatti, che Prometeo riuscì a donare il fuoco all’umanità, sottraendolo a Zeus, proprio grazie al fusto di un finocchio, considerato il più grande furto della storia. Prometeo, arrampicato sull’Olimpo, nascose infatti una scintilla nella cavità di un gambo di finocchio selvatico: fu così che portò il fuoco agli uomini.
Il finocchio usato da Prometeo, però, era ben diverso da quello che conosciamo noi. Quello, infatti, era il finocchio selvatico, più sottile e dal gambo più lungo, usato sia come condimento che come medicina. Date le sue qualità, il finocchio divenne presto il simbolo di forza e vigore e non a caso, in greco antico, “maratona” significa luogo pieno di finocchi ed indica il luogo eroico dei gladiatori.
Tale energia associata al finocchio si intende non solo come fisica e mentale, ma anche sessuale. È Plinio il Vecchio ad esaltare le proprietà afrodisiache della pianta: si dice che nei riti dionisiaci, i sacerdoti si cingevano il capo proprio con una corona di finocchio. Nel Medioevo, poi, Carlo Magno ne beveva i semi insieme con il vino, per eccitare i piaceri di Venere.
Esagerare con il finocchio, però, è controproducente. “Non farti infinocchiare“, infatti, sembra che fosse una raccomandazione che si faceva agli acquirenti di vino. La bevanda, infatti, molto spesso veniva trattata con i semi di finocchio per mascherarne i difetti e cambiarne il sapore: da lì, ancora oggi essere infinocchiati significa cadere nel tranello. Dal finocchio selvatico del Medioevo si deve aspettare il Cinquecento, per vederlo diventare la pianta moderna che conosciamo oggi: è a partire da quell’epoca, infatti, che iniziano a distinguersi il finocchio selvatico (finocchietto) e quello coltivato.
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