Cosa si nasconde realmente dietro la parola ‘puttana’? Alla scoperta di uno dei più fastidiosi stereotipi di genere ancora presente nella nostra società.
Quando si vuole offendere una donna – la causa dell’insulto si avvale in tutti i casi della proprietà commutativa – si suole definirla una ‘puttana‘. Tanto gli uomini quanto le donne, quando si tratta di screditare, usano questo termine, valorizzando il retaggio patriarcale secondo cui per “sporcare” una donna, si debba colpire nel suo punto più critico, ovvero il rapporto con il sesso.
Per tutti questi secoli, infatti, la donna ha dovuto sempre rappresentare l’angelo del focolare, la pia e devota moglie tutta faccende di casa, figli e marito che non ha il tempo, ma soprattutto né il desiderio, di emanciparsi. Che sia sessualmente, socialmente o economicamente poco cambia. Si potrebbero usare benissimo altri turpiloqui per offendere durante un litigio, ma la forza della puttana e dell’immediata lettera scarlatta che compare sul petto della malcapitata di turno è ineguagliabile.
Dare della puttana, infatti, significa quasi marchiare a fuoco una donna. Ecco perché è un insulto particolarmente sentito e sessista ancora oggi. E’ come se la donna non esistesse al di fuori del sesso. Tutto inizia e finisce con la sua capacità di approcciarsi alla sessualità, senza nessun margine di miglioramento. La donna, in altre parole, sembra esistere perché esiste il sesso e si riduce nella sua capacità di scegliere se praticarlo per il piacere o per la procreazione. Tuttavia, dietro la parola ‘puttana’ si nasconde tutto un mondo che esula l’interpretazione classica.
Storia della puttana, quando il sesso non basta
Puttana deriva dall’antico termine francese putain che significa “donna di facili costumi”. In prima battuta, quindi, essere una puttana è essere una prostituta, ovvero una lavoratrice che purtroppo non sempre fa questo mestiere come libera scelta. Ma questa è un’altra triste storia. Tornando al termine, la connotazione negativa sul termine, però, non ha a che fare solo con l’attività di meretricio.
Come riportato dal magazine ‘GQ’, Federica Turco, docente di Semiotica all’Università di Torino e allo IED, e ricercatrice del CIRSDe, Centro interdisciplinare di ricerche e studi delle donne, ha spiegato come dietro alla puttana oggi ci sia ben altro. E’ a livello simbolico, infatti, che essere una puttana diventa un epiteto denigratorio. “Dare a una donna della puttana significa attribuirle un complesso di caratteristiche che sono associate al mestiere di prostituta, sebbene non è detto che ne facciano davvero parte”, ha spiegato la ricercatrice.
“Essere “puttana” quindi non è più un mestiere, ma un complesso di atteggiamenti, comportamenti e apparenze. Essere “puttana” diventa uno stereotipo”, continua la Turco sottolineando come anche avere un rapporto tranquillo col sesso o indossare una gonna più corta o mettere un rossetto più acceso contribuiscano a restituire l’immagine della donna puttana. A questo punto, allora, meglio essere tutte puttane, ma libere.