Avete mai sentito parlare delle streghe di Triora? Alcuni racconti vi faranno venire la pelle d’oca. Scopriamoli insieme.
A Triora sono famosi alcuni racconti che coinvolgo le streghe, ma non è quello che state pensando. In questo paesino della provincia di Imperia assume un significato completamente diverso.
Le persone del posto si riferiscono ad una celebre erba, nota come erba della Vergine Maria, un vero toccasana per tutti i disturbi, dall’insonnia ai dolori di stomaco, dai raffreddori ai disturbi nervosi. In dialetto si chiama strigonella, ed è solamente una dei tanti elementi che contraddistinguono alcune storie riguardanti le streghe di Triora.
Le streghe di Triora
Sono tante le tradizione che si sono tramandate nel corso dei secoli e delle varie generazioni, dall’aglio strofinato nella pancia per calmare i più piccoli all’utilizzo del rametto di assenzio per allontanare gli insetti e gli spiriti maligni. Le streghe di Triora, almeno ufficialmente sono scomparse. Ciò che rimane sono i vari racconti che si sono tramandati, ricchi di elementi fantastici e al tempo stesso inquietanti. Alcune di queste storie narrano delle tortura subite dalle donne accusate dei crimini più crudeli.
Una donna riuscì con una violenta tempesta a compromettere il raccolto di tre anni, mentre un’altra diede ad un cappellaio genovese del veleno con cervello di gatto e sangue umano. A volte per vendicarsi dei torti subiti, alcune si travestivano e si intrufolavano in una casa infastidendo chi aveva causato loro del torto. Sarebbe stata una carestia a generare il caso delle 30 donne, di un ragazzo e di uno stregone accusati e imprigionati tutti nel carcere genovese. Se gli incendi non hanno illuminato la valle dell’Alta Argentina, non è stato certo per un atto di misericordia, ma piuttosto per il netto contrasto con le autorità civili. Si provano ancora dei brividi quando si cammina per le strade dell’antico borgo medievale.
Le grate delle case di via San Dalmazzo, che un tempo fungevano da prigione, sembrano gemere e poi trasformarsi gradualmente in un urlo inquietante. La straziante struttura narrativa di Franceschetta Borrelli illustra la brutalità di Giulio Scrivani, commissario straordinario della Repubblica di Genova. Fu il vero protagonista del caso, conducendo una continua caccia alle streghe sul territorio. Franceschetta non ha confessato nulla, non avendo commesso alcun reato. Tuttavia, fu torturata sul patibolo per due giorni. Il Commissario successivamente venne mandato via a causa della sua crudeltà anche se poi fu assolto per questioni meramente politiche e di convenienza.
A Cabotina, la baita scarsamente illuminata che da tempo si ritiene sia la dimora delle streghe, la notte nebbiosa assume un aspetto sempre più minaccioso quando si sentono dei sussurri e le luci si accendono improvvisamente. La gente fa il segno della croce presso la ontana di Campumavue, altri preferiscono non intraprendere il sentiero che porta al casolare abitato secondo la legenda da una strega. Le streghe non sono morte. Vivono tra le mura, nei boschi, nelle sorgenti e nelle gesta quotidiane della Valle Argentina.