Non è la siccità il vero problema dell’agricoltura italiana. Nelle campagne del Nord e del Centro dell’Italia a creare problemi sono gli animali selvatici che assaltano la frutta. Oltre ai cinghiali, che nel Lazio ormai conoscono bene, a creare disastri nelle piantagioni e nei frutteti ci pensano picchi, gazze, faine e nutrie. E poi ci sono le lepri, che in Emilia Romagna sono diventate una piaga.
Non bastavano la grandine improvvisa, la crisi energetica e la lunga siccità. I coltivatori di frutta estiva denunciano l’invadenza della fauna selvatica. Uccelli come picchi, corvi e gazze e mammiferi come faine e lepri stanno mettendo in crisi la produzione frutticola di molte zone con assalti continui.
Animali selvatici che razziano la frutta in Italia
I danni maggiori, secondo i produttori, riguardano le cocomeraie. In molte zone dell’Emilia Romagna e della Toscana i raccolti sembrano in larga parte rovinati. I frutti appaino infatti forati o rosicchiati. E i responsabili sarebbero appunto gli animali selvatici, sempre meno timidi e spaventati dall’uomo. Ormai gli assalti avvengono anche durante il giorno e alla presenza degli operai.
Anche in questo caso c’entra il clima pazzo. La siccità, che ha messo in ginocchio le colture e ha portato all’aumento dei costi produttivi (in connubio con il rincaro dei prezzi delle materie dopo la crisi energetica), ha colpito anche gli animali del bosco. Lepri, corvidi, nutrie, picchi, cinghiali e faine soffrono il caldo proprio come noi e sono disidratati. Non trovano frutti spontanei né bacini d’acqua in cui abbeverarsi. Per questo diventano più arditi e invadono le coltivazioni orticole. Dapprima sono aumentati i corvi. Poi è arrivata l’invasione delle lepri.
Cocomeri distrutti
Già durante la semina, in primavera, gli agricoltori avevano notato un incremento della presenza di corvi e picchi. Poi con l’estate sono cominciati gli assalti di lepri e nutrie. I frutti più ricercati sono i cocomeri. Ma gli animali selvaggi apprezzano anche altra frutta. Per esempio le pesche, le prugne e le albicocche. Ed è in pratica impossibile per i contadini difendere i frutti in maturazione sui rami dei frutteti dall’assalto di gazze, cornacchie e picchi. Lungo il Po e gli altri fiumi i contadini, invece, combattono le nutrie. E hanno cominciato a cacciarle, anche con l’idea di trasformarle in cibo. Ricordiamo che le nutrie (Myocastor coypus) sono una specie non autoctona, ma importata nei decenni scorsi per l’allevamento da pelliccia.
Poi ci si mettono anche le faine, che quando non trovano galline da ammazzare puntano ai frutti e agli ortaggi. Infine, ci sono i cinghiali, che non temono alcuna recinzione. Assaltano ogni terreno coltivato e scavano fino a cibarsi delle radici. Negli anni passati per risolvere il problema in molte regioni d’Italia (soprattutto in Sardegna), i contadini hanno cominciato a darsi da fare con il “prelievo controllato” ai danni della popolazione di animali selvatici che mettevano a rischio le loro coltivazioni. Proprio in Sardegna ci si spinse fino a insidiare il cervo sardo, che è un animale protetto perché in via di estinzione. Stessa cosa era successa in Trentino, dove alcuni cacciatori volevano riaprire la caccia agli orsi… Ma prendersela con alcuni capi di animali selvatici è una soluzione soltanto scenica. Non risolve il problema, che ha altre cause.