Un virus dalla mortalità altissima e responsabile di una spaventosa febbre emorragica. Isolato per la prima volta nel 1967, il virus Marburg appartiene alla famiglia dei Filoviridae. I medici lo conoscono come MARV e causa di una malattia molto grave negli esseri umani e nei primati. Siamo di fronte a un patogeno estremamente pericoloso.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) lo classifica come un agente patogeno del gruppo di rischio 4. Ovvero un virus che richiede un contenimento equivalente a livello di biosicurezza 4: il più alto possibile. E ora è ricomparso in Ghana, dove l’OMS ha comunicato la rilevazioni di due casi.
Paura per il ritorno del virus Marburg
Il virus può essere trasmesso con l’esposizione a una specie di pipistrelli della frutta. Oppure si trasmette tra persone attraverso fluidi corporei, rapporti sessuali non protetti e ferite cutanee. La malattia provocata dal Marburg può causare sanguinamento (emorragia), febbre altissima e altri sintomi simili a quelli del temuto virus Ebola. Tuttavia, il virus di Marburg ha poco a che fare con l’Ebola: per molti versi, è molto più pericoloso e mortale. A oggi non è possibile alcun tipo di trattamento del virus dopo l’infezione. L’unica speranza di salvarsi è individuare e riconoscere subito i sintomi per prevenire la disidratazione e l’emorragia totale.
Per la prima volta in Ghana le autorità sanitarie hanno rilevato due casi di febbre emorragica da virus Marburg. I virus sembrava essere scomparso dopo una breve epidemia in Uganda nel 2009. E ora l’OMS lancia un allarme. I sintomi di questa febbre emorragica compaiono improvvisamente, con febbre alta, fortissimo mal di testa e malessere diffuso. Molti pazienti sviluppano gravi segni emorragici entro sette giorni. La maggior parte dei contagiati muore.
La storia del virus
Il virus Marburg fu descritto e studiato la prima volta nel 1967. Quell’anno, una forte epidemia colpì l’aria di Marburg, in Germania. E da lì il virus migrò a Francoforte e poi a Belgrado. Il contagio ebbe inizio in un laboratorio, dove degli operatori entrarono in contatto con dei tessuti di scimmie grivet infette. Durante i focolai, trentuno persone sono state infettate e sette di loro sono morte.
Altre epidemie ci sono state in Congo, Sudafrica, Kenya, Angola e Uganda. Ma si trattò quasi sempre di focolai minimi, presto individuati e messi in stretta quarantena. Il caso a sé stante fu quello dell’Angola del 2004, quando la MARV infettò duecentocinquantadue pazienti e ne uccide duecentoventisette. La mortalità era dunque del novanta percento… E adesso l’incubo è tornato. L’analisi preliminare dei campioni prelevati da due pazienti (entrambi deceduti) in Ghana, indica che il virus è attivo. Entrambe le vittime erano positive a una mutazione del Marburg.