Una nuova ricerca ha individuato un legame fra Alzheimer e l’eccessivo sviluppo di calore intracellulare. Per gli scienziati il cervello soggetto a surriscaldamento è una spia dell’aggregazione di proteine nocive, dalla cui azione scaturirebbe il morbo che definiamo Alzheimer. E forse, seguendo questo calore, possiamo fermare la malattia!
Siamo di fronte a una svolta. Forse siamo al cospetto di ricerca utile a comprendere e combattere la malattia neurodegenerativa più diffusa fra gli anziani. Come? Con un nuovo farmaco sperimentale.
L’Alzheimer dipende da un brusco surriscaldamento del cervello
Tempo fa alcuni ricercatori dell’Università della California di Santa Barbara avevano scoperto un nuovo organuncolo, una struttura cellulare in passato sconosciuta. Tale struttura si è rivelata essere un centro specializzato nel bonificare e sistemare le proteine difettose o troppo stressate che possono dare origine a malattie neurodegenerative. Tale piccolo organo si chiama condensato BAG2. E a quanto pare potrebbe essere utile per curare il morbo di Alzheimer.
Nel frattempo altri scienziati inglesi (dell’Università di Cambridge) hanno messo a punto nuovo metodo per individuare la genesi di questa malattia neurodegenerativa. Un test che funziona anche nel caso in cui il paziente risulti asintomatico. Sappiamo da tempo che l’aggregazione di Aβ42 (proteina bet-amiloide) è un segno distintivo della malattia di Alzheimer.
Non era però ancora noto quali fossero i cambiamenti biochimici che portano a questa aggregazione di Aβ42 all’interno di una cellula nervosa.
I ricercatori inglesi sono partiti da un procedimento analogico. Data la somiglianza tra l’Alzhimer e alcuni casi di metastasi, hanno pensato di poter diagnosticare l’esordio del morbo neurodegenerativo attraverso il calore. Sia le metastasi che l’Alzheimer sono infatti condizioni accompagnate da un aumento di calore a livello intracellulare. Un calore che rivela un forte stress a livello cellulare.
Proteine e morte cellulare
Per capire come il surriscaldamento del cervello sia connesso allo sviluppo dell’Alzheimer, i ricercatori hanno studiato il comportamento delle due famose proteine (tau e beta-amiloide) che che danno origine a fibrille che uccidono i neuroni. Proprio la morte delle cellule cerebrali porta alla perdita di memoria, al cambio di personalità e agli altri tristi sintomi dell’Alzheimer.
Ma ora, attraverso dei termometri super precisi, cioè in grado di registrare anche dei cambiamenti minimi di temperatura, i ricercatori hanno capito quando avviene il surriscaldamento del cervello. Si trattava di cogliere il preciso momento in cui le fibrille si aggregano. Perché in quesi attimi si verifica una termogenesi, cioè un aumento di temperatura dovuto all’aggregazione delle proteine.
Questa sicura correlazione tra aumento di temperatura e aggregazione delle proteine dipende dall’evidenza che il processo di formazione di fibrille richiede molta energia per partire. Poi, una volta iniziato, il processo accelera e rilascia sempre più calore, per favorire il progresso dell’aggregazione.
I ricercatori hanno così dato vita a un nuovo farmaco sperimentale che potrebbe combattere l’Alzheimer. Si chiama MJ040 e funziona appunto come inibitore dell’aggregazione della bet-amiloide.