La vera empatia, dicono gli psichiatri, nasce sempre dai sensi. Comprendiamo le emozioni altrui prima fisicamente, e poi con i pensieri. Ma non sempre la vista, ovvero il senso a cui tributiamo più importanza, ci aiuta a capire cosa prova chi ci sta di fronte. Anzi, sarebbe sempre meglio provare ad ascoltare l’altro restando a occhi chiusi…
Ecco la conclusione di uno studio condotto dall’American Psychological Association. Gli stimoli visivi ci distraggono dal vero contenuto delle emozioni altrui, ci portano fuori strada. Quindi dobbiamo imparare ad affidarci soprattutto all’udito.
Scoprire cosa prova davvero chi ci sta di fronte, a occhi chiusi
Lo studio conferma dunque che la comunicazione vocale è la strategia migliore con cui accostarsi alla comprensione delle emozioni dell’interlocutore. Parliamo di “accuratezza empatica”, ovvero della capacità di cogliere le vere emozioni dell’altro. Affidarsi alla vista e al tatto ci porta fuori strada… Dunque è sempre meglio comunicare i propri sentimenti e le proprie emozioni attraverso la voce. Perché solo questo tipo di comunicazione permette a chi ci sta di fronte di capire cosa sentiamo davvero, e viceversa.
Attraverso cinque diversi esperimenti, i ricercatori americani hanno scoperto dunque che la comunicazione esclusivamente vocale (come per esempio telefonica) suscita tassi più elevati di accuratezza empatica. Funzionano meno la comunicazione solo visiva e quella mista. E come mai? Secondo i ricercatori l’accuratezza empatica aumenta quando l’attenzione viene focalizzata solo sui segnali vocali linguistici e paralinguistici che accompagnano il discorso. Le espressioni facciali, i movimenti, i sorrisi e i gesti ci confondono e lasciano spazio a interpretazioni soggettive spesso errate.
I dettagli della ricerca
Secondo i ricercatori affidarsi a una combinazione di segnali vocali e facciali, o solo facciali, non ci permette di riconoscere le vere intenzioni o le sensazioni più profonde dell’altro. E per giungere a questa conclusione, gli psicologi hanno studiato le risposte emotive di milleottocento soggetti in cinque test.
Durante questi test, i volontari hanno interagito con un interlocutore o hanno assistito a un’interazione tra altri due soggetti. In alcuni casi potevano solo osservare senza ascoltare. In altri era loro consentito di ascoltare senza guardare. Quindi, in un altro esperimento, potevano sia guardare che ascoltare. Nell’ultimo test, i volontari hanno ascoltato una voce computerizzata descrivere un’interazione tra due persone. E in tutti gli esperimenti (esclusa quella in cui a parlare era l’AI) i partecipanti che hanno soltanto ascoltato sono riusciti a identificare le emozioni in modo più preciso. Ecco perché possiamo dire che ascoltare a occhi chiusi chi ci sta di fronte è il modo migliore per comprendere le sue emozioni più profonde.