Cosa succede alla nostra mente una settimana prima di morire? Seamus Coyle, esperto in cure palliative di Liverpool e ricercatore universitario, sostiene di aver notato un mutamento a livello cerebrale che ha inizio quattordici giorni prima del decesso e che si acuisce una settimana prima della morte effettiva.
Secondo il medico, le nostre capacità di svolgere compiti semplici o quotidiani cominciano a peggiorare di colpo. E questo è un chiaro sintomo che manca poco alla nostra fine. Il moribondo si sente staccato dalla realtà, confuso, proiettato verso distrazioni sempre più insistenti…
Una settimana prima della morte: ecco cosa succede alla nostra mente
Secondo Coyle il processo della morte è un fenomeno esteso, che ha inizio anche settimane prima del vero e proprio decesso. La nostra mente avverte l’avvicinarsi della fine, anche se inconsciamente. Due settimane prima che il cuore smette di battere, qualcosa comincia a cambiare nel nostro pensiero. Seamus Coyle è un esperto del settore: è un ricercatore onorario dell’Università di Liverpool e si occupa da anni di cure palliative ai malati terminali.
In base alle proprie ricerche ha notato che nell’ottanta percento dei suoi pazienti si riscontra un netto peggioramento quattordici giorni prima del decesso. Una settimana prima della morte, decade la nostra capacità di svolgere compiti semplici, come camminare e dormire, e diventa sempre più complicato distinguere la realtà dal sogno.
Il corpo rivela crescente incapacità nel nutrirsi e nel riposarsi. Ed è come se l’organismo volesse facilitare il decesso, spingendo l’individuo a non curare più la propria salute. “Come esperto di cure palliative, ho notato il verificarsi di un processo che conduce alla morte che avviene due settimane prima della fine”, ha spiegato il ricercatore.
Sintomi e riscontri medici
Il ricercatore ha notato che i suoi pazienti cominciano a deambulare con fatica e appaiono sempre più assonnati. Poi sta alla forza di volontà. Succede infatti che alcune persone si lascino andare, e diventino assenti a se stesse. E ciò le aiuta in un certo senso a sopportare il dolore e a non rendersi conto dell’arrivo ingestibile del decesso. “Altre persone”, spiega il ricercatore “possono rimanere sull’orlo della morte per quasi una settimana prima di morire”. E ciò le distrugge fisicamente e psicologicamente, oltre a riempire di dolore le famiglie.
Da un punto di vista neurologico, sappiamo che la morte interessa il cervello di solito negli ultimi minuti di vita. I ricercatori che in passato hanno analizzato i cervelli di moribondi si sono accorti che costoro attraversavano in pochi minuti fasi più o meno standard. Si comincia con un’emicrania con aura per passare a un’emorragia subaracnoidea o intracerebrale. A quel punto avviene un trauma encefalico con connesso ictus ischemico. Le cellule neurali perdono ossigeno e muoiono.
Che la fine possa davvero cominciare giorni prima, o che addirittura la morte possa manifestarsi una settimana prima del decesso cerebrale, è indimostrabile da un punto di vista scientifico. Anche perché la scienza medica definisce morte la fine della vita e non il processo che conduce a tale conclusione. Altrimenti tutta l’esistenza potrebbe essere descritta come preparazione alla morte!