Sapevate che Meta ha lanciato due nuove app (Maya e MIA FEM) sull’ovulazione e il monitoraggio del ciclo mestruale? Be’, secondo alcuni organi di vigilanza, tali programmi creano un problema normativo ed etico sul trattamento della privacy agito dal social network di Mark Zuckerberg. Qualcuno sospetta anche che Facebook sappia anche quando abbiamo fatto sesso l’ultima volta…
Facebook ci spia? Come mai continua a rilasciare app e funzioni che cercano di entrare nel nostro privato? Alcuni analisti temono che il social network abbia ormai un controllo generale sulle informazioni private (e intime) di miliardi di persone… E che non sia più possibile tornare indietro.
Qualche settimana fa Meta ha annunciato una riprogrammazione della sua Informativa sulla privacy e dei termini di servizio. Pare che il social voglia rendere più chiaro agli utenti in che modo la società raccoglie, utilizza e condivide i loro dati. L’aggiornamento, però, non modifica nulla sugli obblighi legali e le pratiche in uso con cui Meta tratta la privacy. Diciamo che abbiamo a che fare solo con una comunicazione più diretta e un nuovo tasto per visionare i termini di servizio… Ma è vero che il social sa tutto di noi? Perché alcuni critici sostengono che Facebook vaglia mettere il naso nella nostra vita sessuale? Davvero può farlo?
Le due nuove app più utilizzate a livello mondiale per il monitoraggio del ciclo mestruale sono Maya e MIA FEM: due programmi di Meta. Tali app raccolgono in pratica dettagli intimi degli iscritti. E fra le domande a cui le utenti sono chiamate a rispondere ci sono anche alcuni quesiti davvero particolari. Per esempio MIA FEM chiede all’iscritta di comunicargli la data dell’ultima volta che ha fatto sesso, il tipo di contraccezione usato, il periodo di ovulazione previsto. E dove vanno a finire queste informazioni? Sui termini di servizio della app si legge che il programma potrebbe condividere tutti questi dati con Meta. E da Meta le informazioni sarebbero poi girate agli inserzionisti.
Il Governo inglese ha aperto un’indagine sul trattamento della privacy da parte di Facebook, e ha scoperto che il social condivide tutti questi dati con dei clienti attraverso il software Development Kit. Questo programma è usato dagli sviluppatori per controllare e monetizzare i sistemi operativi specifici attraverso la rete pubblicitaria di Facebook.
Il portavoce di Facebook Joe Osborne ha voluto sottolineare che l’indagine giunge a conclusioni errate. E promette di consegnare presto documenti che provano che gli inserzionisti non avrebbero accesso alle informazioni sanitarie sensibili condivise. Secondo Osborne il sistema pubblicitario di Meta “non sfrutta le informazioni raccolte dall’attività delle persone su altre app o siti web”. Possiamo fidarci?
Sempre il portavoce Facebook ha dichiarato che la società sta cercando ulteriori modi per migliorare il sistema/prodotti e per rilevare e filtrare più tipi di dati potenzialmente sensibili.
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