Gli antichi chiamavano maledizioni quelle formule religiose o magiche con cui si invocava o decretava una condanna su un individuo. Coloro che erano colpiti dalla maledizione (o anatema) subivano numerosi tormenti ed erano perseguitati dalla sciagura. Spesso erano strappati alla comunione dei fedeli e spogliati della possibilità di perdono o salvezza…
Per i superstiziosi la maledizione è qualcosa di reale e molto grave. Un fatto da cui guardarsi, per non essere condannati alla dannazione in vita. Chiunque operi malefizi e sia edotto in pratiche occulte può lanciare maledizioni efficaci…
L’essenza delle maledizioni: sono solo superstizioni o efficaci pratiche rituali?
Fa un po’ specie considerare che tutte le culture, nessuna esclusa, abbiano creduto alla potenza delle maledizioni. E non parliamo soltanto di folklore o di religiosità popolare. Le grandi religioni positive (ebraismo, cristianesimo e islam) hanno sempre utilizzato anatemi e formule ufficiali per maledire i peccatori o gli avversari della fede. A livello più generale, ogni tradizione magica si collega alla credenza delle maledizioni. Fattucchiera è chi può scagliare anatemi e compiere malefici. Mago benefico è colui che invece può sciogliere l’incantesimo nefasto e rompere la maledizione.
Per le popolazioni indù, i grandi yogi possono benedire o maledire un’anima. Le popolazioni yoruba africane hanno sviluppato numerosi rituali preposti alla maledizione, fra cui quelle pratiche che poi sono sopravvissute nella religiosità vudù ad Haiti e in altre isole caraibiche. Avete presenti le bamboline vudù, no? Anche quelle sono maledizioni… A Napoli e nel Sud Italia in generale ha ancora moltissimo peso la tradizione del malocchio. Si pensa cioè che vi siano individui capaci di scagliare (in modo conscio o inconscio) delle maledizioni sotto forma di iattura.
Nella Bibbia e nella storia
La Bibbia comincia con una doppia maledizione. C’è Dio che prima maledice il serpente e poi Adamo ed Eva (e con loro tutto il genere umano). Gli antichi Romani erano esperti in una disciplina rituale preposta alla maledizione chiamata defissione. C’erano cioè dei personaggi che, sotto compenso, scrivevano il nome di una persona da maledire su una lamina di piombo, associandolo alla disgrazia che gli si voleva augurare. Questo foglio di alluminio veniva poi arrotolato, chiuso con un chiodo e sotterrato.
Il chiodo rimanda agli spilloni del vudù che abbiamo già citato, e in generale alla magia nera. Fino a pochi secoli fa, tutti più o meno erano convinti che ogni male che affliggeva la natura umana era opera di uno stregone o di un iettatore.
E come si impediva l’effetto di una maledizione? I Greci erano soliti lavarsi le mani ogni mattina con l’urina, pensando che questa pratica potesse allontanare il malocchio. I Romani, ogni volta che sospettavano di essere vittime di uno sguardo da iettatore, sputavano a terra. I tedeschi e gli slavi si riempivano la casa di aglio. I napoletani (e lo fanno ancora) andavano in giro con corni e altri oggetti apotropaici in tasca o appesi al collo…
La scienza ci informa che non è possibile realizzare il male attraverso un’invocazione o un incantesimo. E che nemmeno uno sguardo può mai farsi veicolo di una iattura. Ma ci insegna anche che la suggestione è spesso così potente da confonderci le idee e da farci provare effetti molto reali in conseguenza a fatti che non lo sono per niente.