Anche in Italia stiamo facendo i conti con i costi del cibo in constante aumento. I rincari nel settore alimentare sembrano fuori controllo. Solo nel nostro Paese, l’inflazione collegata ai prodotti alimentare segna un più 11%. L’aumento dei prezzi alimentari e la carenza di forniture dipendono da vari fattori, e il più evidente è la guerra in Ucraina.
La crisi del cibo (con i rincari) durerà per molti altri mesi. Gli esperti parlano di aumenti che andranno avanti fino al 2024. E forse oltre. E la situazione è ancora più drammatica per i Paesi poveri dell’Africa, dell’Asia e del Sud America.
Costi del cibo alle stelle: c’è una soluzione?
Da dove nasce l’attuale crisi dei costi del cibo? I fattori, come anticipato, sono molteplici. Da un lato ci sono i problemi derivanti dal riscaldamento globale (desertificazione, carestie…). E dall’altro tutte le criticità collegate al conflitto in Ucraina. Ovvero rincaro del prezzo del grano, carenza di fertilizzanti, controlli sulle esportazioni, interruzioni dei canali di commercio. E poi bisogna tenere in conto l’enorme aumento dei costi del carburante da cui dipendono rialzi sui costi del cibo in generale, cioè di tutte le materie prime. E non è tutto… Stiamo ancora scontando le conseguenze legate alla pandemia.
Il WFP, World Food Programme (programma alimentare mondiale), ha lanciato un allarme. Secondo le analisi dell’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di assistenza alimentare trecento milioni di persone nel mondo non hanno più cibo a sufficienza. E tutto ciò dipende dai costi eccessivi e dalla carestia. Il report parla chiaro: il prezzo del cibo è ai livelli più alti dal 1990. E tutto ciò dipende dalla guerra tra Russia e Ucraina. Quindi, più andiamo avanti e più il problema diventerà insostenibile. Ogni giorno che passa la crisi diventa più tenace e globale.
Da cosa dipende l’impennata dei prezzi globali? A questo punto stiamo ancora soffrendo gli effetti della pandemia di Covid-19 nel 2020. La lunga interruzione delle catene di fornitura dettate dai lockdown e dal blocco dei collegamenti internazionali ha creato problemi enormi ai Paesi più poveri. Poi è arrivata la guerra, con la crisi del grano. Subito dopo si è aggiunto il rincaro dei combustibili fossili, che ovviamente ha ricadute spaventose sull’industria alimentare. Non dobbiamo dimenticare che il settore agricolo fa ampio uso di combustibili fossili per la produzione di fertilizzanti, la lavorazione e il trasporto dei prodotti finali.
Come invertire la rotta?
Forse possiamo ancora salvarci. Lo sanno i membri del WFP e anche tutte le altre associazioni che lavorano nel settore dell’assistenza alimentare. Per contrastare la crisi dei costi dobbiamo impegnarci tutti. Non possiamo più aspettarci interventi salvifici dall’alto. Bisogna cambiare stile di vita. Innanzitutto si deve bloccare lo spreco di cibo. Sia in casa che a livello commerciale. Ogni consumatore deve imparare a comprare solo prodotti di stagione, rivolgendosi a produttori locali.
Sarebbe anche importante sostenere il mercato equo solidale e fare beneficenza. Poi è necessario ridurre il consumo di quei prodotti meno sostenibili dal punto di vista produttivo, ecologico e salutare. Lo zucchero, il grano e le carni rosse. Questa è l’unica strada possibile…