Di sicuro ogni volta che si parla di imbalsamazione si pensa all’Egitto e alla sopraffina pratica atta alla conservazione dei corpi dopo la morte
Nell’Antico Egitto la pratica dell’imbalsamazione era assai diffusa, tanto che si parla spesso di mummie come uno dei simboli di maggiore importanza. Pratiche con lo scopo di conservare il corpo dopo la morte erano effettuate perché si credeva che con un corpo intatto la vita potesse continuare.
Un manoscritto, il segreto dell’imbalsamazione perfetta
Per i ricercatori dell’Università di Copenaghen il segreto della perfetta imbalsamazione risiederebbe in un trattato antichissimo risalente a più di 3.500 mila anni fa. A dare maggiori dettagli del contenuto del testo l’egittologa Sofie Schiød. Secondo quest’ultima si tratterebbe di un breve promemoria contenente alcune pratiche spesso omesse in altre testimonianze.
Il trattamento riservato alla pratica dedicata al volto
Il papiro del Louvre-Carlsberg è un antico testo medico che tratta dell’arte sacra dell’imbalsamazione. Tale scritto antico precede di fatto altri due trattati. Ci sono delle differenze, nei due successivi testi: si omettono delle informazioni. Quest’ultima scoperta è un vero e proprio promemoria, più che un libro dettagliato. Pertanto rivolto a lettori esperti di questa pratica. Un’omissione in altri testi focalizza in questo l’attenzione sul trattamento del viso. Il volto si conservava attraverso un miscuglio di sostanze di origine vegetale.
Questa mistura andava ad essere versata su di un panno di lino rosso che veniva applicata poi sul volto del defunto. La benda era cambiata ogni 4 giorni, così come sul resto del corpo. Sostanze aromatiche tenevano lontane,nei giorni di intervallo, insetti e parassiti. L’imbalsamazione avveniva vicino alla tomba del defunto, in una tenda per la precisione. La pratica durava 70 giorni: metà riservati all’imbalsamazione e l’altra metà per il bendaggio.