E se vi dicessi che nello Spazio esistono delle vere e proprie autostrade? Una ricerca abbastanza recente ha ribadito che nel nostro Sistema Solare (e di riflesso anche oltre) scorrono delle lunghe autostrade spaziali: scie orbitali che possono essere percorse dalle navicelle a velocità elevatissime.
Funziona un po’ come con le grandi correnti oceaniche: una volta entrati nel flusso, ci si lascia trasportare. Così, in poco tempo e senza sprechi, si può raggiungere un punto remoto. La differenza è che qui si tratta di fluttuare nello Spazio cosmico.
Immaginate di poter imboccare un’autostrada, dove però la spinta in avanti è automatica. Si può anche spegnere il motore! Secondo alcuni ricercatori lo Spazio è pieno di questi percorsi veloci che trasportano oggetti (meteoriti, asteroidi, ma eventualmente anche navicelle spaziali) da un punto all’altro del cosmo. Ecco perché parliamo di autostrade spaziali.
Sembrerà strano, ma anche la Luna è teoricamente raggiungibile a motore spento… e le grandi agenzie spaziali lo sanno bene. Quando non c’è abbastanza carburante o lo si vuole risparmiare, ci si affida all’orbita, che da sola avvicina satelliti e navicelle alla Luna. Alla NASA e agli altri attori che cercano di esplorare lo Spazio, però, interessano quei percorsi che possono spingersi molto più lontano… Si punta a raggiungere pianeti remoti.
Possiamo arrivarci sfruttando questa autostrade spaziali? In teoria sì, basterà che gli specialisti calcolino percorsi precisi che sfruttino per tutto il tempo l’inerzia, cioè la gravità del Sole e poi quella degli altri pianeti. Già lo abbiamo fatto? Anche qui la risposta è sì. Come anticipato, abbiamo sfruttato l’attrazione gravitazionale per raggiungere la Luna. Di recente, invece, la navicella spaziale cinese Chang’e 2 ha utilizzato queste “autostrade” per viaggiare dall’orbita lunare al punto Terra-Sole Lagrange 2 (L 2 ), e quindi per sorvolare l’asteroide 4179 Toutatis.
Da un punto di vista tecnico il sistema “stradale” calcolato si chiama Interplanetary Transport Network (ITN), e unisce tutti quei percorsi gravitazionalmente sfruttabili all’interno del Sistema Solare. Ossia orbite che richiedono pochissima energia per essere seguiti da un oggetto o un veicolo. L’ITN fa un uso particolare dei punti di Lagrange come punti strategici in cui le traiettorie attraverso lo Spazio possono essere reindirizzate utilizzando poca o nessuna energia. Questi punti hanno la peculiare proprietà di consentire agli oggetti di orbitare attorno a una sottospecie di perno, nonostante manchino di un oggetto in orbita.
Per modificare la traiettoria della sonda e darle un’accelerazione aggiuntiva, gli ingegneri spaziali potrebbero quindi usare questi “incroci” di gravità planetarie. Sfruttando le varie forze attrattive dei pianeti si potrebbe insomma piegare quella spinta in una curva e tradurla in nuova velocità.
Tutto molto bello… Ma calcolare tali traiettorie è praticamente un’impresa: le vie sono tortuose e piene di imprevisti. O meglio, su molte variabili l’uomo non può intervenire. Per esempio, per sfruttare una determinata spinta di accelerazione, dovremmo aspettare che i pianeti si allineino nella maniera opportuna. E poi ci sarebbe un altro problema… Anche consumando poca energia ed esprimendo una velocità decente, il trasporto lungo la rete richiederebbe molto tempo.
Ciò che è importante è che i ricercatori abbiano isolato un’intera classe di nuove traiettorie lungo le quali una navicella o un satellite potrebbero volare a elevata velocità. Secondo i calcoli, l’accelerazione media sarebbe simile a quella della sonda Voyager.
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