L’Avesta è un testo sacro tanto antico quanto misterioso, che da sempre affascina gli studiosi di esoterismo, i mistici, i filosofi e gli appassionati dell’occulto. Ma, in verità, in questa raccolta di testi religiosi dello Zoroastrismo non c’è traccia di incantesimi o di dottrine esoteriche. O almeno, la versione attuale del testo non contiene nessun riferimento di tipo magico.
Sappiamo che questo testo fu composto in Avestan, ovvero in una lingua iraniana parlata dagli antichi persiani. E sappiamo anche che una parte di questo testo sacro, la più pregnante, contiene degli inni che secondo la tradizione furono scritti da Zarathustra in persona.
I testi sopravvissuti dell’Avesta, così come disponibili oggi, derivano da una copia prodotta da alcuni magi durante l’impero sassanide (quindi dopo il III secolo d.C.). Quella copia originale, ora perduta, è conosciuta come Archetipo sassanide. Ma a quanto pare già quella versione era una sintesi estrema di moltissimi testi. Dunque il testo oggi disponibile è una summa di riassunti di inni di tradizione zoroastriana e di letteratura in lingua avestica.
Pare che tutti i testi contenuti nel testo rispondano a ventuno parole chiave. Il ventuno è un numero che torna sotto varie forme. Come risultato della moltiplicazione del tre e del sette esso si esprime anche nel fatto che le principali preghiere presenti nell’Avesta appiano in tre righe formate da sette parole. Tutti i libri sono poi divisibili in tre gruppi, ognuno dei quali diviso in sette sezioni. I temi affrontati dal testo sono vari. Abbiamo componimenti liturgici e poi storie o poesie di natura più lirica.
Gli Avesta contengono quindi l’insegnamento del profeta Zarathustra, ma non solo. Moltissimi contenuti dei testi ancora oggi appaiono misteriosi. Anche se i riferimenti all’astrologia e al misticismo sono pochi, molti passi risultano ermetici e di difficile interpretazione.
Dopotutto il testo è stato studiato poco. La prima vera analisi filologica dell’Avesta risale a Eugène Burnouf (1801-1852). Le prime traduzioni in inglese e francese sono apparse solo negli anni ’80 del Novecento. Il messaggio principale di questo testo sacro riguarda il monoteismo. Zarathustra annuncia con i suoi inni l’esistenza di un dio creatore, Ahura Mazda, che ha due figli gemelli: uno benevolo, Spenta Mainyu, e uno malvagio, Angra Mainyu.
Tale dualismo di fondo, che oppone un principio positivo a uno negativo, è risolto attraverso un complicato percorso di comprensione e trasfigurazione della realtà. Zarathustra è il primo a parlare di anima, di destino individuale, di libertà, di escatologia, di ascesi, di percorso di purificazione e di giudizio. Egli diceva che solo le anime dei buoni, cioè di coloro che hanno vissuto la vita esprimendo buoni pensieri, buone parole e buone azione, possono vedere la luce infinita e superare il dualismo e quindi il male e la sofferenza.
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