Tantissimi lavori si svolgono all’aria aperta. Operai, contadini, pescatori, giardinieri, venditori ambulanti… Ebbene, secondo alcuni ricercatori, a causa del riscaldamento globale, nei prossimi anni non sarà più possibile lavorare all’aperto.
Gli esperti dell’American Duke University credono che il riscaldamento globale influenzerà in modo significativo il mercato del lavoro nei prossimi dieci anni. Ma in realtà il problema è già evidente. C’è chi ha stimato che in alcuni Paesi del mondo si sia perso circa il 30% delle ore di lavoro a causa del caldo estremo.
Lavorare all’aperto? Fra dieci anni sarà impossibile
Tutti quei professionisti che lavorano all’aria aperta, magari in ambienti assolati e umidi, sanno quanto è faticoso e pericoloso affrontare le alte temperature. Senza contare che il caldo, combinato all’umidità elevata, limita la capacità del corpo di raffreddarsi sudando. E la situazione è destinata a peggiorare. Nel 2035 sarà di fatto impossibile in molte zone della Terra lavorare di giorno all’aria aperta. Oggi vivono in condizioni di disagio già centinaia di milioni di lavoratori impiegati nei settori dell’agricoltura, della silvicoltura, della pesca e dell’edilizia, soprattutto ai Tropici. Ma domani il caldo estremo potrebbe bloccare il lavoro anche in Europa.
Gli esperti della Duke hanno previsto che nei prossimi anni il caldo infernale costringerà molte persone a rinunciare al lavoro. Per questo c’è bisogno di ripensare l’organizzazione di certi mestieri, altrimenti rischiamo un vero e proprio collasso produttivo ed economico. Se la temperatura sulla Terra continuerà ad aumentare a questi ritmi (0,8° ogni decennio), saremo costretti ad assistere a una diminuzione della produttività del lavoro. E secondo i ricercatori le perdite potrebbero raggiungere un milione e mezzo di miliardi di dollari all’anno.
Soluzioni al problema
La prima cosa da fare, la più importante, è cercare di fermare il riscaldamento globale. E sappiamo bene come fare (convertendoci alle rinnovabili, abbassando i consumi, riciclando…). Come extrema ratio, poi, si potrebbero cambiare gli orari di lavoro. Già in alcuni Paesi del mondo si sta sperimentando questa nuova strategia: i contadini lavorano dopo il tramonto, in campi illuminati. Ma nessuno ha ancora valutato la fattibilità di queste strategie su scala globale. Ecco perché i ricercatori della Duke hanno combinato i dati sulla temperatura e l’umidità dei modelli climatici globali con i dati sulla popolazione e sui posti di lavoro in diversi Paesi. In questo modo hanno potuto stimare le perdite di manodopera dovute a condizioni calde e umide.
Ebbene, attualmente la produttività del lavoro persa a causa del caldo estremo potrebbe già ammontare a settecento miliardi di dollari all’anno. Ma questa cifra potrebbe superare il milione di miliardi quando la Terra si riscalderà di 2 gradi.
Secondo i ricercatori della Duke potrebbe essere possibile spostare di qualche ora gli orari di lavoro, in modo da evitare le ore più calde della giornata, soprattutto durante la stagione estiva. In futuro, è sicuro, le persone non potranno lavorare a lungo all’aria aperta. E bisogna cominciare ad organizzarsi in qualche modo.