Negli ultimi anni molti studiosi hanno messo in dubbio che la peste nera che ha sconvolto l’Europa prima in epoca antica e poi medioevale sia stata davvero portata dai ratti. Una nuova analisi del DNA ha dimostrato che il ratto nero, accusato di aver diffuso quel tipo di peste, abbia colonizzato l’Europa proprio in concomitanza con lo scoppio dell’epidemia, in due occasioni: la peste giustinianea e la peste bubbonica.
Il ratto nero è un roditore originario del subcontinente indiano, e raggiunse l’Europa prima attraverso l’Egitto, e poi grazie alle navi che tornavano dalla Terra Santa durante le crociate. Fu il vero responsabile dello scoppio delle epidemie di peste nera?
Il ratto che portò la peste nera in Europa
Oggi in Europa i ratti neri (Rattus rattus) non esistono quasi più. Sono stati infatti sostituiti dai ratti norvegesi (o grigi), che arrivarono con i Barbari. Secondo alcuni zoologi tale sostituzione avvenne già nel Medioevo, e quindi sarebbe sbagliato pensare che la peste medievale sia stata veicolata da questi roditori. Cioè: la peste è una malattia tipica dei ratti neri (i batteri sono trasportati dalle pulci appartenenti alla specie Xenopsylla cheopis, che prosperano nel pelame di questi topi). Ma il salto dal ratto all’uomo non sarebbe sicuro o scientificamente provabile.
Analizzando il DNA di antichi resti di ratti neri trovati in siti archeologici che vanno dal I secolo d.C. al XVII secolo (sia in Europa che in Nord Africa), dei ricercatori hanno capito però che questi roditori erano presenti in Europa in due momenti clou. Anzi, le principali epidemie di peste coinciderebbero proprio con i momenti in cui ci fu la massima espansione da parte delle colonie di ratti neri.
Lo studio, condotto dall’Università di York insieme all’Università di Oxford e al Max Planck Institute, è il primo studio genetico sul DNA antico della specie detta Rattus rattus.
Attenti al topo
Lo studio dimostra che questo ratto ha colonizzato l’Europa almeno due volte. La prima volta in epoca giustinianea, poi dopo l’anno Mille. Per questo è sbagliato parlare di un declino o addirittura della scomparsa dei ratti neri dopo la caduta dell’Impero Romano. Il ratto nero è una delle tre specie di roditori (insieme al topo domestico e al ratto bruno) più infestanti del mondo. Riesce a convivere con l’uomo e ad adattarsi all’urbanizzazione.
Si pensava insomma che i ratti norvegesi, venuti in Europa con i Barbari e i Vichinghi, avessero fatto sparire i ratti neri da molte città mediterranee, ma non è così. L’analisi del DNA parla chiaro. I ratti neri sono resistiti in Europa fino al XVIII secolo. E in epoca romana erano la specie dominante dall’Italia all’Inghilterra, dalla Romania al Portogallo. E ci fu davvero un momento in cui i ratti norvegesi, più aggressivi e grossi, fecero diminuire la popolazione di ratti grigi. Ma poi, in epoca medioevale, i ratti neri tornano in Europa, anche se con una firma genetica differente. La ricerca mostra anche come le specie commensali dell’uomo abbiano un impatto notevole sulla storia. Lo stesso tipo di topo ha provocato due grandi epidemie a distanza di secoli…