Nonostante siano molto familiari agli uomini, non c’è dubbio che i gatti siano stati sempre visti come creature misteriose. Ecco perché da sempre questi felini domestici si associano a superstizioni, sia positive che negative.
In che epoca l’uomo ha cominciato a creare superstizioni e leggende arcane sulla figura del gatto? Qualcuno sostiene che la arcinota diceria sulla sfortuna portata dai gatti neri sia cominciata a circolare nell’Antica Roma. Ma è davvero così?
Gatti vittime di superstizioni: com’è nata la leggenda sul gatto nero che porta sfortuna
Una leggenda narra che Giulio Cesare, il 15 marzo del 44 a.C. (ossia il giorno in cui morì), vide un gatto nero e ciononostante si recò in Senato. Nelle fonti classiche, però, non vi è traccia di questa notizia. Più probabilmente la superstizione sul gatto nero nacque nel Medioevo, e potrebbe avere origine dal fatto che di notte succedeva spesso che i cavalli venissero terrorizzati dagli occhi brillanti dei gatti. E da questo si sarebbe poi diffusa un’associazione fra felini domestici di colore nero e il Diavolo.
In generale, tuttavia, già durante l’Antichità i gatti erano oggetto di molte superstizioni. In Egitto questi animali erano venerati e considerati semidivini. Si racconta di un soldato romano che uccise un gattino presso Tebe e fu trucidato dalla folla inferocita. Pare poi che nella grande biblioteca di Alessandria i gatti potessero entrare e uscire a loro piacimento. Tutti gli studiosi erano convinti che i gatti favorissero la scienza.
Secondo il Corano, il profeta Maometto aveva molti riguardi per il suo gattino. Un giorno il gatto si addormentò sulla manica di una veste da preghiera del profeta, che era stata lavata e piegata su un mobile. Maometto doveva indossarla per recarsi di fronte al popolo, ma preferì tagliare la manica pur di non disturbare il gattino. Al suo ritorno, il profeta trovò il gatto sveglio e lo vide inarcarsi, come per inchinarsi di fronte al padrone (per comunicargli che aveva apprezzato il suo gesto). E allora Maometto affermò che le porte del paradiso sarebbero sempre state aperte per i gatti.
Amici delle streghe
Secondo molte tradizioni i gatti partecipano ai sabba e sono compagni delle streghe. E non solo: le cronache medievali e i verbali dei processi d’inquisizione ripetono spessissimo che il Diavolo amasse tramutarsi in gatto nero. Nella Demonomania di Boldin si legge che nel XVI secolo degli inquisitori sorpresero un gruppo di stregoni francesi in un castello abbandonato. Ma gli stregoni riuscirono a sfuggire all’arresto trasformandosi in tanti gatti neri.
Nei territori germanici i gatti erano temuti e insieme rispettati. La gente credeva che fossero vicini a Satana, ma capiva anche che erano indispensabili per cacciare i topi. Questa loro funzione sembrava infatti benefica e non compatibile con uno spirito diabolico. Un domenicano allora risolse così il dilemma: affermò che Satana aveva di certo inviato sulla Terra i topi con lo scopo di diffondere i gatti, che se ne cibavano.
In molte zone del nostro Sud Italia, nei secoli scorsi si credeva che i gatti potessero veder passare la morte, e così si accorgevano prima di chiunque del sopraggiungere di un decesso. Si credeva anche che potessero rubare il respiro ai neonati. Insomma, i tanto amati gatti sono sempre stati collegati a stupide superstizioni. Questo perché hanno sempre meravigliato e incuriosito l’uomo con il loro fascino e la loro imperscrutabilità.