L’idroponica è la nuova frontiera dell’orticoltura? Si tratta, in parole povere, di coltivazione di piante senza l’ausilio e il supporto di un suolo. E in tempi di crisi ambientale (penuria di acqua e suolo), diventa importantissimo poter coltivare in condizioni alternative. Si utilizzano insomma soluzioni minerali (nutrienti biologici o chimici) sotto forma di solvente acquoso.
Grazie a questa tecnica di coltivazione, le piante (sia terrestri che acquatiche) possono crescere forti con le loro radici se ben esposte al liquido nutriente. In più le radici possono essere fisicamente sostenute da un mezzo inerte (ghiaia, cocco, sabbia, fibra di legno, perlite e altri substrati a scelta). Le radici, da sole, causeranno delle alterazioni del pH della rizosfera, influenzando così positivamente la biologia della rizosfera e l’equilibrio fisiologico della coltivazione.
Idroponica: la coltivazione verticale che risparmia terra e acqua
I nutrienti utilizzati nei sistemi idroponici provengono da fonti diverse, tutte sostenibili. Si parla per esempio di escrementi di vacche, pecore e pesci, fertilizzanti riciclati, tessuti grezzi, letame di anatra, molecole chimiche e soluzioni nutritive artificiali. C’è chi usa locuste essiccate e persino chi ha sperimentato il guano di pipistrello!
Anche in Italia stanno nascendo molte aziende agricole verticali e indoor, pensate per risparmiare terra e acqua, e per creare colture anche in città, in spazi che sembrano inadatti all’agricoltura. Tutte queste aziende non usano pesticidi e, in più, sono protette dal maltempo. L’unico problema è che assorbono molta energia.
Secondo molti commentatori l’agricoltura idroponica verticale potrebbe risolvere molti problemi al mondo. Innanzitutto, i campi al chiuso sono bio al 100%. Non sono esposti a catastrofi naturali e non risentono del riscaldamento globale. Inoltre, una coltivazione di questo tipo non teme gli insetti. Ecco perché non occorre trattare le piante con fertilizzanti e antiparassitari tossici. C’è anche un altro lato interessante: l’agricoltore può programmare molteplici raccolti durante l’anno, perché la coltura idroponica è di fatto indipendente dal ciclo delle stagioni.
Sempre più spesso, dunque, incontriamo coltivazioni indoor, cioè al chiuso. Per esempio in capannoni dismessi. Poi ci sono le vertical farm, dei veri e propri campi sovrapposti. Quindi si stanno diffondendo anche i plantscraper: i grattacieli coltivati, sia al chiuso che sui tetti.
I vantaggi della nuova agricoltura fuori suolo
La parola idroponica è un neologismo che nasce dal greco antico: hýdor è acqua e pónos è lavoro. In termini tecnici parliamo di coltivazione fuori suolo. In generale tutte le colture dove la terra è sostituita da un substrato inerte possono essere definite idroponiche. Abbiamo così un risparmio incredibile di suolo e un minor utilizzo di acqua. Indicativamente si spreca meno di un decimo rispetto alla coltura in terra. Quindi queste colture sono importantissime in tutte quelle situazioni ambientali dove c’è scarsità di acqua.
Un vantaggio da non sottovalutare è quello ambientale. In queste colture l’utilizzo dei fertilizzanti è mirato e non ci sono dispersioni nel terreno di agenti chimici. In generale non c’è uso di diserbanti. Anche gli antiparassitari si usano poco.