Dopo che alcuni ricercatori hanno comunicato al mondo la scoperta della galassia chiamata HD1 sono cambiate molte cose e si è acceso un vivace dibattito scientifico. Siamo davvero di fronte alla più antica e più lontana galassia conosciuta?
Rimanendo nei confini dell’Universo osservabile la galassia in questione (scoperta nella costellazione di Sestante) esprime davvero caratteristiche uniche! Con cosa abbiamo a che fare?
Situata a circa trecentotrentatré milioni di anni luce dopo (o, sarebbe meglio dire oltre) il Big Bang (ossia a 13,8 miliardi di anni luce dalla Terra), HD1 è la galassia più distante di sempre. E anche quella più vicina all’origine dell’Universo. Che cosa contiene? Questo non lo sappiamo ancora. Potrebbe esprimere una serie di stelle primordiali, quasar o dei buchi neri. Ciò che ci interessa è che HD1 è la sezione di Spazio più vicina all’origine del tutto che abbiamo mai individuato. In termini astronomici si pone a una distanza di viaggio nella luce di circa 13,5 miliardi anni luce (dalla Terra) e, a causa dell’espansione dell’universo, a una distanza attuale propria di 33,4 miliardi di anni luce.
Ora sarebbe interessante capire se il telescopio spaziale James Webb potrà aiutarci a capire di più del contenuto di questa galassia… In realtà, HD1 non è sola. Gli astrofisici che l’hanno scoperta hanno rintracciato due oggetti distinti. Due oggetti (HD1 e HD2) che rivelano una colorazione rosso sfocato, persi nell’universo primordiale. Con buona probabilità potrebbero essere due galassie che brillano da poche centinaia di milioni di anni dopo il Big Bang. Il primo dei due oggetti rivela un’emissione ultravioletta significativamente più luminosa rispetto a galassie simili nella sua gamma di spostamento verso il rosso…
La ricerca sui due misteriosi corpi si esplica attraverso due articoli pubblicati sul server di preprint arXiv. Il professor Yuichi Harikane dell’Università di Tokyo, coadiuvato da un team internazionale, è colui che ha annunciato il rilevamento di due fonti che sembrano colpirci da soli 330 milioni di anni dopo il Big Bang. Per gli astronomi si tratta di una scoperta incredibile. Ecco perché tutti sono in attesa della pubblicazione ufficiale dello studio, dove i dati saranno sottoposti a revisione paritaria. La pubblicazione dovrebbe avvenire sull’Astrophysical Journal.
Poter studiare le prime galassie significa capire come sono nate le stelle, come si sono sviluppati gli elementi pesanti (per esempio il carbonio e l’ossigeno) rispetto agli atomi più semplici. Magari, studiando meglio HD1 e HD2, potremmo anche capire come si formano i buchi neri. “Se confermate spettroscopicamente, queste due sorgenti rappresenteranno un laboratorio straordinario per studiare l’Universo”, ha dichiarato il professor Haricane.
Per gli astrofisici, nonostante anni e anni di studio, i buchi neri supermassicci sono un bel mistero. Gli scienziati ne hanno individuato un mucchio. Ce ne sono alcuni che risalgono a un miliardo di anni dopo il Big Bang. Ma ce ne sono alcuni molto più antichi che rivelano una massa gigantesca. Parliamo di buchi neri con una massa un miliardo di volte quella del Sole. E in HD1 potremmo vedere la genesi di siffatti buchi supermassicci.
Gli astronomi, in precedenza, avevano trovato altre galassie risalenti alle prime centinaia di milioni di anni dell’Universo. La galassia più antica finora era GN-z11, scoperta da Pascal Oesch nel 2016. E questo ammasso si trova a 420 milioni di anni dopo l’origine dell’universo osservabile.
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