Secondo recenti studi il collegamento che esiste tra intestino e cervello potrebbe essere molto pericoloso per la nostra salute. Questo a causa di batteri che scatenano malattie mentali o neurodegenerative!
Batteri presenti nell’intestino potrebbero avere influenze mai sospettate prima sul funzionamento del cervello. Genererebbero patologie difficili da curare, influenzando anche il nostro umore. Un gruppo di scienziati sta valutando queste ipotesi da anni!
Il cervello collegato al microbiota
Il microbiota, che rappresenta le complesse popolazioni dei batteri intestinali, è oggetto di studio approfondito da parte di scienziati. Da quando, grazie soprattutto alle tecnologie per il sequenziamento dei genomi, si è iniziato a saperne di più sull’incredibile varietà di microrganismi che popolano il nostro tratto intestinale, sono stati scoperti collegamenti inaspettati tra la composizione del microbiota e alcuni aspetti della nostra salute.
Alcuni ceppi batterici del microbiota intestinale svolgono funzioni benefiche. Innanzitutto, i ceppi indigeni ostacolano la colonizzazione dell’intestino da parte di nuovi microbi, tra cui quelli patogeni. Poi, alcuni batteri sintetizzano sostanze utili (per esempio vitamina K) e digeriscono molecole complesse, producendo nuove molecole che possono essere utilizzate dal nostro organismo.
L’intestino nel cervello
Gli ultimi studi hanno stabilito che ci sono delle correlazioni tra gli squilibri della cosiddetta flora intestinale e alcuni disturbi mentali. Negli Stati Uniti li chiamano microbi dell’umore perché sarebbero in grado di influenzare negativamente proprio l’umore delle persone, portando anche alla depressione. I dati ottenuti hanno dimostrato, infatti, che due batteri intestinali, Morganella e Klebsiella, i cui livelli, in studi precedenti, erano risultati più alti in soggetti affetti da depressione, potrebbero essere collegati a questa patologia. In particolare, il team ha scoperto un aumento dei livelli di Morganella in 181 partecipanti allo studio che nel corso della vita hanno sviluppato la depressione.
È un campo comunque ancora controverso e delicato, perché i dati che i batteri nell’intestino abbiano un ruolo nell’insorgenza di disturbi psichici non sono molti e non sono chiari. La somma dei batteri e del corpo si chiama superorganismo, e questo si è evoluto nel corso di migliaia di anni. Lo studio che ha inaugurato il filone della ricerca su batteri e cervello è giapponese. I ricercatori hanno scoperto i topi germ-free, e su questi animali hanno analizzato i livelli di stress per valutare quanto questi potessero influire sulla nascita di batteri.
Malattie che possono svilupparsi
Una di queste, come menzionato in precedenza, può essere la depressione. Un gruppo dell’Università di Cork, in Irlanda, ha effettuato un esperimento trapiantando i batteri intestinali di pazienti depressi in ratti, per vedere se si verificava qualche cambiamento. In effetti, è stato visto che gli animali iniziavano a riprodurre alcuni dei comportamenti tipici della depressione nella loro specie, per esempio il rifiuto di alcuni piaceri come l’acqua zuccherata. Le ipotesi si estendono anche a malattie come il Parkinson o l’autismo, anche se non ci sono ancora evidenze chiare in merito. I ricercatori dell’Università dell’Illinois hanno scoperto che alcune popolazioni di batteri sono associate alla presenza di maggiori o minori quantità di certi ormoni e metaboliti nel sangue e nel cervello.
La loro ipotesi è che squilibri del genere, durante lo sviluppo fetale, possano contribuire all’insorgenza di disturbi correlabili all’autismo. Invece, i ricercatori del California Institute of Technology stanno studiando il ruolo dei batteri intestinali in una malattia neurodegenerativa come il morbo di Parkinson. Si tratta per ora soltanto di ipotesi, anche se la ricerca in questo ambito intriga molti scienziati e psichiatri. Questo perché in mancanza di terapie efficaci per molti disturbi mentali, approfondire studi e ipotesi sulla loro genesi potrebbe comunque rivelarsi utile.