Gli esseri umani sono gli unici animali attratti dall’alcol? Non è così. Tantissime specie ricercano sostanze inebrianti. Per esempio, ci sono uccelli e mammiferi che si nutrono di frutti marci proprio per godere degli effetti dell’etanolo. Diciamo allora che a noi umani l’alcol piace particolarmente. E possiamo spiegare il perché con l’ipotesi della scimmia ubriaca.
Questa spiegazione è di carattere evolutivo. Pensiamo cioè che i primati frugivori avessero una naturale propensione per l’etanolo (presente in natura all’interno dei frutti maturi). E che gli ominidi della preistoria ci abbiano trasmesso questa passione. Ma perché è ancora presente nelle nostre abitudini anche se abbiamo cambiato dieta?
L’ipotesi della scimmia ubriaca
Una teoria formulata una ventina di anni fa dal dottor Robert Dudley della University of California cerca di spiegare questo processo. Si tratta della famosa ipotesi della scimmia ubriaca. E ora uno studio intitolato Dietary ethanol ingestion by free-ranging spider monkeys (Ateles geoffroyi) ha provato che l’ipotesi di Dudley era corretta. La ricerca pubblicata su Royal Society Open Science dalle antropologhe Christina Campbell e Victoria Weaver della California State University dimostra che le scimmie ragno dalle mani nere di Panama fanno scorpacciate di frutta abbastanza matura da essere fermentata, proprio per ubriacarsi. Ciò conferma l’ipotesi secondo la quale l’inclinazione umana a bere alcoolici potrebbe avere le sue radici nell’affinità dei nostri antichi antenati a consumare frutti fermentanti ma nutrienti.
Dudley aveva ipotizzato che l’amore fra uomini e alcol fosse nato milioni di anni fa, quando i nostri antenati (scimmie e grandi scimmie) capirono che il profumo dell’etanolo era collegato alla presenza di frutti nutrienti e fermentati. E infatti lo stesso Dudley dimostrò che alcune scimmie si nutrono di frutti marci la cui gradazione alcolica arriva fino al 7%.
La conferma dell’ipotesi di Dudley
Però Dudley non era riuscito a dimostrare che le scimmie o le grandi scimmie cercassero (con criterio) e mangiassero frutti fermentati. E non riuscì neanche a provare che digerissero l’alcol contenuto in quei frutti. Ecco perché la ricerca della Campbell e della Weaver è così importante: è una conferma dell’ipotesi della scimmia ubriaca.
Le due antropologhe che hanno studiato le scimmie ragno hanno scoperto che la concentrazione di alcol nei frutti scelti dai primati è solitamente compresa tra l’1% e il 2% in volume. Analizzando l’urina da queste scimmie hanno anche scoperto che i primati hanno digerito elementi secondari dell’alcol. E questo dimostra che gli animali utilizzano l’alcol (l’etanolo) per produrre energia, e non lo scartano come prodotto indesiderato.
Dunque i primati selvatici, senza l’interferenza umana, consumano l’etanolo contenuto nella frutta. E da qui potremmo spingerci a spiegarci la propensione degli esseri umani a consumare alcol come un’eredità con un vantaggio evolutivo.
Quindi la prossima volta che ordinate un cocktail o una bottiglia di vino ricordatevi del perché lo state facendo… A noi umani piace l’alcol perché le scimmie, che sono venute prima di noi, hanno scoperto che è nutriente e ricco di calorie.