Il primo pensatore a sostenere l’ipotesi che l’isola perduta di Atlantide si trovasse intorno al Polo Nord fu lo svedese Olaus Rudbeck. La tua teoria risale al XVI secolo e parlava appunto di un’Atlantide nordica, ubicata a largo dell’attuale Svezia. Questa prospettiva apparentemente strampalata ebbe molto successo nei secoli successivi…
Il principale teorico dell’Atlantide nordica fu l’astronomo e letterato francese Jean Sylvain Bailly. Nella seconda metà del Settecento, Bailly ipotizzò che l’isola perduta citata da Platone nel Timeo potesse essere identificata nelle lontane coste siberiane. Per la precisione in prossimità dell’isola di Spitzbergen.
L’Atlantide nordica, da Bailly a madame Blavatsky
Secondo Bailly, le coste oggi ghiacciate o brulle della Siberia un tempo dovevano essere temperate e fertili. Il francese non basava questa sua supposizione sulla teoria dello spostamento dei Poli, ma su un innalzamento terribile delle temperature in tutto il mondo. Credeva cioè che la Terra, in epoca paleolitica, fosse incandescente o afflitta da un caldo torrido. E quindi solo le zone molto a Nord o a Sud (Artico e Antartide) fossero abitabili. Bailly si appoggiò poi a contenuti mitologici, chiamando in causa la leggendaria terra nordica di Iperborea, di cui parlavano Erodoto, Pindaro ed Esiodo.
A fine Ottocento la prospettiva di Bailly fu ripresa dall’americano William Fairfield Warren, il quale collocò Atlantide al Polo Nord. Secondo Warren il Giardino dell’Eden, il Monte Meru, Avalon e Iperborea erano più o meno la stessa cosa: un unico territorio felice dove l’uomo aveva trovato la sua origine.
L’Atlantide nordica era uno dei cavalli di battaglia dell’esoterista madame Blavatsky. La fondatrice della Teosofia parlò spesso di un continente polare che si estendeva dall’attuale Groenlandia fino alla Kamčatka, abitato dalla razza degli Ariani. Secondo la Blavatsky gli Ariani erano uomini superiori, puri e illuminati.
Nazismo e ricerche contemporanee
Quest’idea, ovviamente, fu accolta dalla società Thule (che prendeva proprio il nome della mitica capitale di Iperborea) e poi da ambienti vicini al nazionalsocialismo. Hitler stesso citava spesso il mito degli Ariani, collegandoli all’ideale di razza pura che egli voleva promuovere in Europa. Molti esperti di mitologia nordica e di esoterismo criticarono l’uso propagandistico fatto dai nazisti della teoria dell’Atlantide artica. Per loro l’Atlantide non poteva essere la patria originale della razza caucasica, dato che secondo la tradizione gli Atlantidei erano individui non caucasici dalla pelle bruna.
Ultimamente il ricercatore russo Valery Dyemin ha riconsiderato l’idea che Iperborea “sia esistita davvero”, e ha firmato alcuni articoli in cui mette in relazione la terra degli Iperborei con Atlantide e con il circolo polare artico.
Ci sono storici della religione e antropologi che collocano l’isola sommersa a Doggerland, nel Mare del Nord (fra Inghilterra e Danimarca), o a Viking Bergen. Esistono infatti alcune fragili prove che documentano un gigantesco tsunami che ha sommerso queste coste ottomila anni fa. Altri studiosi riconoscono che molti territori del Mare del Nord sono stati sommersi nei millenni scorsi. La città medievale di Dunwich nell’Est Anglia, per esempio, è crollata in mare.
Il filosofo e teorico politico radicale russo Aleksandr Dugin ancora oggi utilizza a fini propagandistici antiche leggende sulla città sommersa di Atlantide e sulla mitica civiltà di Iperborea. Crede di poter utilizzare questo tema come fondamento per la sua ideologia panslavista. Secondo Dugin, insomma la Russia sarebbe popolata dai discendenti degli antichi Iperborei…