Molti neuroscienziati e psicologi hanno negli scorsi decenni sostenuto che i sogni siano prodotti mentali di un’attività collegata alla realtà contingente. E ora uno studio italiano rivela che i sogni potrebbero effettivamente essere una continuazione della vita reale.
Dunque, i sogni e la vita reale sono interconnessi? Una ricerca pubblicata sulla rivista accademica Royal Society Open Science si sbilancia su questa tesi attraverso prove molto strutturate. Ciò significa che siamo vicini a comprendere il vero significato e la vera funzione dei sogni.
Sogni e vita reale: che connessione esiste?
Il sogno rappresenta un eterno mistero per l’uomo. In Antichità si attribuiva all’attività onirica potere divinatorio o la si interpretava come uno slancio spirituale, in grado di connetterci con altre dimensioni. Con la modernità, c’è chi ha sostenuto che i sogni siano solo un mero vagheggiamento della mente in stato di riposo. Poi c’è chi ha spiegato che il sognare potrebbe essere il risultato dell’attivazione del cervello per la sintesi di dati acquisiti durante la veglia. In pratica si è ipotizzato che durante il sonno avvenga un trasferimento delle informazioni dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine (il sonno REM tratterebbe la memoria inconscia; quello pre-REM la memoria consapevole). Fino ad oggi però non abbiamo mai trovato conferme a questa ipotesi.
Ora la ricerca è riuscita a trovare delle prove a sostegno dell’ipotesi appena descritta, che in scienza è chiamata ipotesi di continuità dei sogni. In pratica si tratta di interpretare la maggior parte dei contenuti onirici come continuazione di ciò che sta accadendo nella vita di tutti i giorni. E non è un mistero che la vita di tutti i giorni influisca sui sogni, e che i sogni possano influire sulla vita reale…
Lo studio italiano
La ricerca italiana è stata condotta dall’informatico Alessandro Fogli, ricercatore dell’Università Roma Tre in Italia. Il team di Fogli ha analizzato più di ventiquattromila sogni raccolti in un database pubblico di rapporti sui sogni chiamato DreamBank. Da dove vengono questi rapporti? Da racconti fatti a terapeuti o a ricercatori da parte di individui di età compresa tra i sette e i settantaquattro anni.
Il team ha in pratica sviluppato delle scale di analisi del contenuto onirico. In questo modo ha dimostrato che il sogno aiuta le persone a migliorare la loro vita. La parte complicata è stata estrapolare da tutti questi rapporti contenuti fondamentali alla ricerca. Per far ciò si sono appoggiati a un calcolatore in grado di analizzare automaticamente i rapporti applicando la scala di analisi dei sogni. E secondo i ricercatori, i risultati del loro studio possono suggerire che è possibile isolare e quantificare aspetti importanti dei sogni che dimostrano un collegamento di continuità fra sogni e vita reale.
Con questa ricerca il team è riuscito a fare molte scoperte. Ha capito, per esempio, che circa l’80% dei nostri sogni viene vissuto da una prospettiva in prima persona. Poi ha determinato che quasi tutti i sogni tendono a drammatizzare situazioni ordinarie. Anche se sogniamo di volare in un mondo sconosciuto, in quel mondo sconosciuto ci sarà sempre qualche elemento connesso alla nostra vita quotidiana.
Per l’aspetto clinico e terapeutico, questo nuovo approccio potrebbe dar vita a nuovi metodi di analisi. Sappiamo che la psicoterapia e la psicoanalisi utilizzano l’interpretazione dei sogni per identificare stati emotivi latenti e per aiutare le persone ad affrontare eventi e traumi.