Come potrebbero gli alieni accorgersi di noi? Capire che esistiamo e stabilire un contatto? Sicuramente seguendo eventuali indizi che la nostra umanità potrebbe lasciare. Ma loro, gli alieni, dove si nascondono? Avranno lasciato qualche traccia per farsi trovare?
Gli scienziati si stanno occupando di trovare qualche civiltà aliena seguendo questo tipo di indizi, e lo stanno facendo con il progetto Galileo, che mette le sue risorse in campo proprio per effettuare questa caccia.
Dove si nascondono le tecnologie aliene?
Gli studiosi suggeriscono che esistono 4 segni tecnologici che potrebbero dirci dove si trovano gli alieni e guidarci, di conseguenza, al nostro primo incontro con loro.
Le megastrutture
Fu il fisico anglo-americano Freeman Dyson, nel 1960, a ipotizzare la sfera di Dyson come possibile struttura che potrebbe essere applicata attorno ad una stella allo scopo di catturarne tutta l’energia emessa. Il fisico sosteneva, infatti, che gli extraterrestri prima o poi avrebbero dovuto utilizzare l’intera produzione di energia della loro stella madre, per far fronte al loro fabbisogno energetico. Una tale struttura potrebbe essere rilevabile, perché le leggi della termodinamica prevedono che la luce stellare intercettata venga emessa come radiazione di calore o infrarosso.
I prodotti chimici industriali
Un altro indizio potrebbe venire dal fatto che anche gli alieni creerebbero inquinamento emettendo sostanze chimiche nell’atmosfera. L’astrofisico prof Avi Loeb, conosciuto come lo scienziato che crede agli alieni, afferma che ci sono alcune sostanze chimiche in queste atmosfere aliene più facili da rilevare. Queste sarebbero il tetrafluorometano (CF4) e il triclorofluorometano (CCl3F), entrambe refrigeranti e clorofluorocarburi. Secondo Loeb gli alieni potrebbero venire in contatto con noi anche attraverso delle cosiddette tecnofirme, ovvero tracce della loro tecnologia. Il caso più citato naturalmente è Oumuamua, il primo asteroide interstellare mai visto dall’uomo che, a causa della sua forma particolare, è stato valutato dallo scienziato come un possibile artefatto alieno mandato in giro nel cosmo da chissà dove.
Gli extraterrestri si nascondono bene
Ci sono altri indizi che ci potrebbero indicare la presenza aliena nello spazio. Vediamo insieme di che si tratta.
Le vele leggere
Nel 1984 il fisico Robert Forward descrisse una vela leggera spinta dal laser come un modo per spostarsi nello spazio senza l’uso di carburante tradizionale. Le vele solari (chiamate anche vele fotoniche o vele aeree) sono una forma di propulsione spaziale che sfrutta la pressione di radiazione. Se gli alieni usassero simili vele di luce spinte da laser per sfrecciare intorno ai loro sistemi planetari o alla Galassia, potremmo essere in grado di captare i lampi di luce quando i loro laser vengono accesi e spenti. Lo scienziato statunitense calcolò che una sonda da una tonnellata collegata a una vela leggera potrebbe essere accelerata da un laser da 65 GW all’11% della velocità della luce e volare dal sistema stellare più vicino, Alpha Centauri, in soli 40 anni.
Wormhole
Letteralmente, worm-hole significa buco di verme. Questo indica i tunnel spazio-temporali che potrebbero collegare due buchi neri. Tali tunnel sarebbero creati dall’immensa forza gravitazionale dei buchi neri, e al loro interno lo spazio e il tempo sarebbero molto diversi da come li conosciamo. Secondo gli scienziati, una civiltà sufficientemente avanzata potrebbe essere in grado di manipolare lo spazio-tempo per creare un wormhole. Se gli alieni avessero effettivamente creato una rete di wormhole, potrebbe essere rilevabile dal microlensing gravitazionale. Ciò si verifica quando un oggetto celeste passa tra noi e una stella lontana e la sua gravità ingrandisce brevemente la luce della stella.
Il progetto Galileo
Il Progetto Galileo è stato così chiamato in onore dell’astronomo italiano Galileo Galilei, famoso per aver fornito la prova che la Terra non era il centro dell’universo, come si credeva in precedenza. L’intero progetto ha ricevuto finanziamenti per 1,75 milioni di dollari da donatori privati, e i suoi fondatori sperano di moltiplicare presto tale cifra.
Come previsto, questo ambizioso programma richiederà un supporto multilaterale e, infatti, parteciperanno ricercatori provenienti da diverse università e laboratori del mondo, come:
- Harvard.
- Princeton
- Cambridge.
- Caltech.
- L’Università di Stoccolma.
- L’Osservatorio Vera C. Rubin in Cile.
Attualmente in costruzione, il progetto sarà probabilmente pronto entro il 2023.