Un esperimento compiuto ad Harvard ha collegato il cervello di una scimmia a una rete neurale. Questo per stimolare un singolo neurone responsabile del riconoscimento dei volti. E per capire in che modo la mente del primate reagiva a determinate immagini e poi produceva un ricordo figurativo di un volto o di un oggetto.
Mostrando diverse immagini senza forma a una scimmia e attivando il più possibile dei suoi particolari neuroni, un’AI ha raccolto vari informazioni sui processi mentali del soggetto studiato. In pratica si è stimolata nel primate una reazione mentale collegata al riconoscimento facciale. A quel punto le immagini senza forma hanno assunto dei confini più precisi… E qual è stato il risultato?
Il cervello di scimmia collegato a una rete neurale
Dall’attivazione di varie cellule del cervello della scimmia collegata a una rete neurale, l’AI ha ottenuto varie immagini compiute. Volti, oggetti e altre figure. Tutte rappresentazioni ricavate da un’elaborazione grafica degli impulsi captati a partire da un’immagine amorfa. Di cosa si è trattato, in sostanza? Della produzione di immagini in parte distorte, un po’ spaventose e spesso incoerenti. Forme surreali che però assomigliavano vagamente a dei volti o a degli oggetti. Ciò significa che l’intelligenza artificiale è riuscita, almeno in parte, a tradurre quegli impulsi in immagini. Cioè a leggere nel pensiero di una scimmia.
L’esperimento si è tenuto nell’aprile del 2018. Il soggetto studiato era una scimmia di nome Ringo. Un primate sottoposto a varie immagini create da un algoritmo di intelligenza artificiale chiamato XDREAM. Lo stesso algoritmo ha poi ottimizzato gradualmente queste immagini per stimolare un particolare neurone nel cervello di Ringo. Una cellula nervosa presumibilmente specializzata nel riconoscimento dei volti. Con l’evoluzione delle immagini, il neurone si è attivato e il team dei ricercatori ha visto comparire delle immagini più coerenti…
In che modo il cervello animale lavora sul riconoscimento facciale? Quando un cane, un gatto o una scimmia inquadrano un volto, lo elaborano con fedeltà o lo distorcono? E come lo ricordano? Lo vedono come lo vediamo noi o in modo completamente diverso?
A cosa serve questo esperimento?
È importante che alcuni neuroni abbiano risposto agli stimoli esterni producendo immagini che assomigliano vagamente a oggetti riconoscibili. Ci sono immagini ancora molto sfocate che però sembrano proprio volti di scimmie. Alcune delle scimmie compagne di Ringo, ovvero del primate con il cervello collegato alla rete neurale. Una macchia rossa potrebbe invece corrispondere a un’altra scimmia di laboratorio che indossava un colletto rosso. C’è poi un’immagine disturbata che somigliava a un essere umano che indossava una maschera chirurgica. Secondo i ricercatori potrebbe trattarsi della donna che si prendeva cura e nutriva le scimmie.
Oltre a essere inquietante e ad aver prodotto immagini dell’orrore che figurerebbero bene in un museo contemporaneo, la ricerca di Harvard ha anche valore scientifico. Forse ci aiuterà a comprendere il vocabolario visivo del cervello animale. Di quello delle scimmie in particolare. I cervelli delle scimmie collegati alla rete neurale ci daranno quindi una prospettiva sulla logica e la percezione animale.