Dopo quasi un secolo dalla sua introduzione ci approcciamo ancora con difficoltà alla teoria della relatività di Einstein, soprattutto per quanto riguarda il tempo. Abbiamo imparato a dire che il tempo è una dimensione relativa. Ma cosa significa? Davvero il tempo può rallentare o accelerare?
La fisica classica intendeva il tempo e lo spazio come forme separate e oggettive, cioè immutabili e uguali per tutti. Con Albert Einstein il tempo è diventato relativo. Cioè una forma che dipende dallo spazio. E che, in certi casi, influenza lo spazio.
Cercheremo di spiegare nel modo più semplice e lineare possibile la nuova concezione del tempo introdotta dalla fisica contemporanea dopo gli studi sulla relatività ristretta di Albert Einstein. Torniamo al passato, cioè ai filosofi greci. Per i grandi pensatori dell’Antichità, lo spazio era una realtà sostanziale, misurabile sulla base della geometria euclidea, con tre dimensioni e altre caratteristiche oggettive. Il tempo, allo stesso modo, era un contenuto immutabile e unico, cioè uguale per tutti e in qualunque luogo. Parliamo ovviamente del tempo cronologico, che si misura con calendari di tipo solare o lunare. Sul tempo interiore, o percepito, anche gli antichi greci sospettavano una parziale relatività… Sapevano insomma che per lo studente modello un’ora di lezione poteva passare in un attimo e per uno studente svogliato sembrare un’eternità!
Con Einstein, nel Novecento, abbiamo imparato a interpretare il tempo e lo spazio come una cosa sola. Il fisico tedesco ci ha fatto capire che, a causa della velocità della luce, essi s’influenzano reciprocamente. Il tempo, così, smette di essere una forma oggettiva, unica, e uguale per tutti. Il fisico, in pratica, ci ha fatto comprendere che quanto più aumenta la nostra velocità nello spazio (rapportata a quella della luce), tanto più il tempo rallenta.
Il secondo postulato della relatività ristretta (o speciale) di Einstein dice una cosa abbastanza chiara. Cioè che la velocità della luce nel vuoto ha lo stesso valore in tutti i sistemi di riferimento inerziali, indipendentemente dalla velocità dell’osservatore e da quella della sorgente. Se osserviamo un punto nello spazio, per esempio uno stradone dritto che si perde all’orizzonte, ci sembra di guardare uno spazio che si restringe in lontananza. Eppure sappiamo che quel rimpicciolimento è solo prospettivo. Einstein ci dice che la velocità della luce è come la strada: sembra perdersi o cambiare nei tempi e nelle distanze lunghe, ma non è così. Una cosa che invece cambia, apparentemente, è il tempo. La velocità dell’osservatore influenza anche lo scorrere del tempo. Per dirla più semplici: il tempo è influenzato dalla velocità.
Dal punto di vista teorico, cioè astratto, la formula è incontestabile. Ma diventa più difficile interpretarla nella vita di tutti i giorni e nella fisica reale. Il tempo può davvero accelerare o rallentare? In teoria sì, ma fino a un certo punto. Einstein sapeva però che il tempo non dipende unicamente dalla nostra percezione soggettiva. Eppure quando abbiamo bisogno di orientarci nel tempo ci affidiamo agli orologi e ai calendari, che valgono per tutti. Sono strumenti di tempo assoluto e oggettivo. Sì. Ma solo perché sono imposti, e sono riconosciuti da tutti.
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