In un monastero benedettino, situato sul lago d’Orta, vivono da anni delle suore di clausura. Ci troviamo nell’Isola di San Giulio, in provincia di Novara. Un luogo storico, ancora consacrato all’ideale dell’ora et labora. Ma come vivono queste monache di clausura?
Nell’abbazia Mater Ecclesiae dell’Isola di San Giulio ci sono attualmente circa un’ottantina di monache di clausura. La comunità si è insediata nel 1973, nell’ex palazzo vescovile, poi si è trasferita in un altro edificio, al centro dell’isola. E all’inizio le suore erano solo sei.
Quest’insediamento monastico, intitolato a Maria Madre della Chiesa, partì grazie all’iniziativa di sei monache, guidate da Anna Maria Cànopi. In pochi anni, il numero delle suore aumentò talmente che la diocesi assegnò loro un monastero più grande. E ancora oggi la comunità vive al centro dell’isola nella sede dell’ex seminario diocesano. Queste monache osservano la regola imposta da san Benedetto, ma si ispirano anche alle tradizioni introdotte da Guglielmo da Valpiano. Si tratta di un monaco benedettino che nell’VIII secolo introdusse il monachesimo in quest’isola così bella che spunta come uno scoglio al centro del lago di Orta.
Negli ultimi anni la comunità di monache di clausura ha dato vita a un nuovo monastero presso Saint-Oyen. A testimonianza del “successo” di questo modello di religiosità, solo apparentemente antico e chiuso al mondo.
Le nostre monache si danno un gran da fare. Studiano i testi antichi e lavorano indefessamente a traduzioni e a pubblicazioni. Si occupano della Lectio divina e di molti elaborati teologici. In più si sono specializzate in restauro di tessuti antichi. Hanno un grande laboratorio dove restaurano vesti sacre, arazzi, arredi… Il loro è un laboratorio d’eccellenza, in cui si compiono anche ricerche tecnologiche e sperimentazioni. Spesso le suore producono paramenti liturgici di gran pregio per vescovi e abati. Oggi esiste una vera e propria Scuola di restauro di tessuti e arazzi dell’Isola, gestita dalle monache. Che è collegata al famoso Opificio delle pietre dure di Firenze.
Pur sfruttando le nuove tecnologie, le monache sono soprattutto esperte nell’uso degli antichi telai a mano. Molte di loro praticano anche la pittura per la produzione di icone originali. Altre si sono specializzate nella panificazione: preparano speciali ostie-pane molto richieste. Dal 1984 a oggi, il laboratorio di restauro ha svolto più di millecinquecento lavori su opere di prestigio. Arazzi di castelli, paramenti di papi, abiti sacri… E non è facile per niente. Il restauro dei tessuti è arte complicatissima, che richiede manualità, sensibilità, artisticità e competenze chimiche.
Ovviamente, le care monache di clausura non dedicano tutto il loro tempo al lavoro. Si dedicano anche alla preghiera e alla contemplazione. In più, le suore sono molto ospitali: accolgono pellegrini, novizi e persone in difficoltà. Chiunque cerchi un po’ di pace è libero di accedere alla piccola foresteria…
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