Il manoscritto Voynich (conosciuto anche come Beinecke MS 408) è un codice illustrato scritto a mano, con un sistema di scrittura sconosciuto, denominato “voynichese”. La pergamena del manoscritto, datata al carbonio, ci permette di risalire alla sua stesura. Secondo gli storici il manoscritto comparve all’inizio del XV secolo, probabilmente in Italia. Siamo dunque in periodo rinascimentale. Ma perché ci interessa tanto questo vecchio codice?
Le origini, la paternità, il senso e lo scopo ultimo del manoscritto Voynich non ci sono ancora chiari. Ecco perché il codice desta da secoli tanto interesse. Negli ultimi decenni, filologi, storici e intellettuali hanno suggerito varie ipotesi interpretative. Per qualcuno potrebbe trattarsi di una scrittura segreta, cifrata o esoterica. Per altri potrebbe essere uno scherzo: un esercizio letterario di no-sense. Le parole sono tutte in una lingua sconosciuta, simile al latino ma contenente anche segni inesistenti. Non c’è punteggiatura. E non ci sono correzioni (che negli antichi manoscritti erano sempre numerose).
Tutti i misteri del manoscritto di Voynich
Questo manoscritto è composto da duecentoquaranta pagine, con caratteri scritti da sinistra verso destra. Tuttavia i filologi sono convinti che manchino almeno una trentina di pagine (perdute o censurate). All’interno del codice troviamo strane illustrazioni, fogli pieghevoli di varie dimensioni, diagrammi, didascalie fantastiche, disegni di piante che non esistono, simboli astrologici ed esoterici spesso bizzarri. Il manoscritto prende il nome da Wilfrid Voynich, un libraio polacco che lo acquistò nel 1912. Dal 1969, l’opera è conservata nella Beinecke Rare Book and Manuscript Library dell’Università di Yale.
Tutti gli esperti di crittografia e di filologia vogliono confrontarsi con il manoscritto Voynich. Per questo il testo è stato analizzato e studiato da migliaia di ricercatori e crittografi. Eppure mai nessuno è riuscito a capire il contenuto del testo o a decifrarne il linguaggio segreto. A un certo punto qualcuno ha immaginato che il codice potesse essere stato composto proprio da un crittografo americano o inglese, alla fine dell’Ottocento, su una pergamena antica. Questo perché l’inchiostro steso sulle pagine appare molto simile a quello contemporaneo. Nel 2009, però, un’indagine con spettroscopia a raggi X a dispersione di energia (EDS) ha rivelato che gli inchiostri contenevano grandi quantità di carbonio, ferro, zolfo, potassio e calcio ma niente piombo, che invece è presente negli inchiostri prodotti nell’Ottocento.
Un libro incomprensibile
Oggi sappiamo con sicurezza che il manoscritto è rinascimentale. Lo conoscevano già alla fine del XVI secolo. La prima notizia sul Voynich risale infatti al 1580, quando fu acquistato dall’imperatore Rodolfo II d’Asburgo. Rodolfo era un appassionato di esoterismo e spese un patrimonio per portarsi a casa questo manoscritto. Era convinto che il manoscritto contenesse importanti profezie.
Tempo dopo l’opera finì, non si sa come, in un monastero gesuita, a Villa Mondragone, a Frascati. Lì rimase fino al 1912, cioè all’arrivo di Wilfrid Voynich, che lo comprò per due soldi. Pochi anni dopo divenne un caso mediatico. Durante la Seconda Guerra Mondiale gli esperti di crittografia si sfidavano per decrittarne il senso. Mai nessuno ci è riuscito… Se volete provarci voi, una copia digitale del Voynich è presente sul sito internet della Yale.