L’uomo è da sempre spaventato dalla possibilità di incontrare in mare dei cefalopodi giganteschi e aggressivi. E forse c’è un perché! Abomini del genere sono infatti presenti nella mitologia greca, in quella norrena e in quella giapponese. Ma un nome su tutti ha avuto enorme risonanza nei secoli. Parliamo del mostro marino forse più temuto nel mondo: quello del kraken, il leggendario calamaro gigante e assassino che da secoli inquieta i marinai norvegesi.
Questo leggendario mostro marino dalle sproporzionate dimensioni infesterebbe le coste della Norvegia. Affonderebbe grandi navi, cibandosi di tutti gli uomini a bordo. Inoltre attaccherebbe le città costiere, generando onde anomale e alluvioni. Ma com’è nata la figura del kraken?
I testi scandinavi di epoca norrena parlano pochissimo del kraken. Lo citano qui e lì ma senza mai approfondirne la natura. Infatti, le antiche saghe e i testi storici dei popoli norreni si concentrano di più sull’hafgufa, ossia su un mostro marino che, quando affiorava in superficie, era indistinguibile da un’isola o da una coppia di scogli. Il kraken, in un certo senso, è più simile a Cariddi, il mostro siciliano di cui parla Omero nell’Odissea. O, meglio ancora, al Leviatano che compare nella Bibbia.
Il primissimo riferimento letterario a questa creatura si trova nella saga di Sverris del XII secolo sul re Sverre Sigurdsson. Qui il kraken è rappresentato come una creatura colossale, grande come un’isola, capace di affondare due o tre navi in un colpo solo. Tutti i marinai medievali temevano la tratta che univa il Mar del Nord e il Mare di Norvegia. Paventavano naufragi indotti dall’orrida creatura. Originariamente, secondo i racconti, questa creatura era lunga diversi chilometri. Ma poi le sue dimensioni si sono ridotte nel corso dei secoli fino a raggiungere proporzioni massicce ma più o meno affrontabili.
A parlare diffusamente di questo calamarone assassino fu il fondatore della moderna tassonomia scientifica, Carlo Linneo, che lo inserì nella prima edizione della sua opera Systema Naturae sotto il nome di Microcosmus marinus. Un altro italiano, Francesco Negri, nel Settecento, parlò del polipone in un suo noto diario di viaggio. Quella descrizione fece molta impressione agli europei e spinse gli scrittori scandinavi a insistere sul topos. Vennero così prodotti molti testi sul kraken.
C’era chi lo descriveva come un polpo gigantesco e chi come un calamaro feroce e alto una ventina di metri almeno. Molti marinai giuravano di aver scorto i tentacoli del mostro affiorare dalle onde e generare tempeste. Nell’Ottocento, con l’esplosione del neogotico, l’orrido mostro marino divenne un personaggio importante in molti romanzi. Comparve in opere di Walter Scott e Thomas Love Peacock. Anche in Ventimila leghe sotto i mari di Jules Verne c’è una piovra gigante. E poi ne La Compagnia dell’Anello di Tolkien troviamo una polipo enorme e famelico che attacca la compagnia alle porte occidentali di Moria.
I tedeschi chiamano questo mostro Riesenkraken. Da qui il termine anglofono (kraken) che è stato reso famoso da film d’avventura e fumetti nel secondo Novecento. Forse questa riscoperta si deve al successo del noto film Pirati dei Caraibi, dove appare appunto un polpo gigante.
Secondo alcuni interpreti la leggenda di questo mostro potrebbe essere stata modellata sull’immagine del calamaro gigante. Un vero mollusco, che vive in acque profonde e anche pericoloso per i grandi pesci. Questo mollusco, infatti, lascia cicatrici sulla pelle dei capodogli e può raggiunge dimensioni considerevoli: fino a diciotto metri. In tutte le epoche sono stati scoperti esemplari morti di questi cefalopodi giganti sulle coste.
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