La storia considera la Octavius come una nave fantasma. Ma tale definizione ha poco a che vedere con le solite leggende oscure o con le sparizioni collegate a fenomeni paranormali.
La goletta Octavius fu data per dispersa per quasi quattordici anni. E quando fu ritrovata nel 1775 alla deriva nel Mar Glaciale Artico, a migliaia di chilometri dalla rotta originaria, nessuno seppe spiegarsi come poteva essere giunta fin lì. Tutti i membri dell’equipaggio furono trovati morti nelle loro cabine.
Passaggio a Nord Ovest: la rotta maledetta dell’Octavius
I marinai parlano da secoli di un passaggio maledetto, ovvero del passaggio a Nord Ovest. Si tratta di una rotta che, costeggiando l’America del Nord, collega l’oceano Atlantico e il Pacifico attraverso il Mar Glaciale Artico. Anche oggi è una rotta rischiosa. Figuriamoci quindi come doveva inquietare i marinai nel XVIII secolo. La Octavius salpò da Londra il 10 settembre 1761 sotto il comando del capitano Hendrick van der Heul. Doveva arrivare in Cina, dove approdò senza affanno dopo alcuni mesi di navigazione. Riempita la stiva, la Octavius ripartì alla volta della Gran Bretagna. Ma non raggiunse mai le sicure coste britanniche. Svanì nel nulla nel 1762.
Cosa avvenne? Non lo sappiamo. Ma gli storici pensano che il capitano abbia potuto tentare una nuova rotta, gettando così la propria nave in una tragedia. Nel XVIII secolo tutte le compagnie sperimentavano rotte e manovre rischiose per trovare un passaggio più breve tra l’Atlantico e il Pacifico. E così facendo si mettevano spesso nei guai.
Il ritrovamento della nave fantasma
Ciò che è sicuro è che l’11 ottobre 1775, l’equipaggio del baleniere groenlandese Herald avvistò nell’Atlantico del Nord una nave che sporgeva sopra un iceberg. Quella goletta a tre alberi era la Octavius.
Il capitano della baleniera volle andare a dare un’occhiata a bordo della goletta. Sottocoperta scoprì tutti i marinai dell’equipaggio morti assiderati. Le vittime erano ventotto. Pareva che la morte li avesse colti mentre dormivano. Nella cabina del capitano c’erano altri tre corpi: quello del capitano Heul, quello di una donna e quello di un bambino. Il groenlandese visitò anche la stiva e riscontrò che non c’erano più viveri. Quindi l’equipaggio era morto di fame?
Il diario di bordo, recuperato dai soccorritori, si fermava all’11 novembre 1762. Nelle sue ultime note il capitano Heul scriveva: “Siamo rimasti intrappolati nel ghiaccio per diciassette giorni. La nostra posizione approssimativa è 160 gradi longitudine Ovest, 75 gradi latitudine Nord. Il fuoco si è spento ieri e il maestro ha cercato di riaccenderlo, ma senza molto successo”.