La setta degli assassini nacque in seno alla comunità dei nizariti, ovvero dagli ismailiti, il secondo ramo più grande dell’Islam sciita dopo i duodecimani. Questa setta si fondava sul concetto di ijtihad, ovvero sull’uso del ragionamento e della cultura per risolvere questioni legali, indipendentemente dalle scritture. Ed era poi temuta come un corpo di sicari pronti a tutto per difendere l’Islam.
Il nome degli assassini divenne leggendario quando questi guerrieri si asserragliarono nella Alamut e si opposero fieramente ai cavalieri crociati.
La fortezza di Alamut si trovava nell’attuale Iran, e da questa roccaforte i nizariti diffusero la loro dottrina sciita in tutto il Vicino Oriente all’epoca delle Crociate. In Europa, con un po’ di semplificazione, erano chiamati “assassini” e percepiti come fanatici specializzati negli omicidi.
Il nome di questa setta sconvolse il mondo cristiano allorquando, nel 1192, Corrado del Monferrato si fece nominare a Tiro re di Gerusalemme. Durante il cerimoniale giunsero due emissari con un messaggio per il nuovo re. Mentre Corrado aveva le mani occupate a reggere lo scritto, i due messi estrassero i pugnali e lo uccisero. Oggi diremmo: lo assassinarono. Ma questo termine deriva proprio dai guerrieri che operarono questo misfatto. I due finti emissari erano infatti degli assessinis, o hashishins: nizariti addestrati per compiere omicidi eccellenti.
Secondo alcuni interpreti, il nome deriverebbe dall’hashish, la resina di canapa di cui questi nizariti facevano ampio uso per farsi coraggio o per scopi mistici.
L’Islam è molto severo riguardo all’uso di sostanze inebrianti. Ma i nizariti erano una setta poco ortodossa: interpretavano le scritture con flessibilità, avevano un loro ideale di giustizia che oggi potremmo definire intellettuale. Erano scettici riguardo a molti dogmi, consumavano vino e carne di maiale. Vivevano in comunità in cui non vigeva la proprietà privata. Predicavano la libertà e la tolleranza verso ogni tipo di individuo. E poi odiavano i prepotenti. Gli assassini attaccavano tutti quei governanti che abusavano del popolo.
Il Milione di Marco Polo parla diffusamente di questa setta. Secondo Polo, il Vecchio della Montagna, ovvero il capo dei nizariti, usava droghe per formare i suoi assassini. Il veneziano taceva invece sugli ideali e sulle regole di tolleranza che caratterizzavano la vita di questa comunità.
Gli ismailiti erano considerati come dei veri e proprio rivoluzionari e quindi erano perseguitati sia dai sunniti che dagli sciiti più rigidi. La loro filosofia si diffuse intorno all’anno Mille, quando il condottiero Hasain-i-Sabbah si avvicinò a questa setta. Si narra che dopo aver studiato i testi ismailiti ed essere sopravvissuto a una grave malattia, Hasan si unì alla causa dei nizariti. Durante la guerra contro i selgiuchidi, Hasan-i Sabbah organizzò un corpo speciale di combattenti, i fedayyin, specializzati nel colpire obiettivi mirati. Il termine fedayyin significa “coloro che offrono la propria vita in sacrificio”. Questi combattenti, infatti, si esponevano a qualsiasi conseguenza: erano pronti a farsi torturare e uccidere pur di colpire il loro obiettivo. Ammazzavano personaggi eccellenti, con veleno, pugnali e frecce. Erano abili nell’infiltrarsi e nell’agire in pubblico.
I più grandi sostenitori di Hasan-i Sabbah cominciarono a essere noti come nizariti e dal XII si diffusero in Siria e Palestina, dove entrarono in contatto con i cristiani. All’inizio gli assassini divennero alleati dei Templari, e avversari di Saladino. Ma qualcosa cambiò all’improvviso. Il Vecchio della Montagna raggiunse un accordo con il sultano. Secondo alcune fonti, lo drogò per ipnotizzarlo. Così gli assassini cominciarono a compiere attentati contro i crociati.
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