Utilizzare il DNA per ripristinare la vita di specie ormai estinte non sarà mai possibile. Lo dice la scienza che, dopo diversi tentativi, conferma che rifarlo sarebbe solo creare una copia di quello che in realtà era l’originale. I due DNA non saranno mai uguali!
Resuscitare specie animali estinte rimarrà un sogno perché, secondo uno studio pubblicato su Current Biology, siamo molto lontani dal poter resuscitare specie animali estinte intervenendo sul DNA dei loro discendenti moderni.
Però mai dire mai! Forse in futuro, con la nascita di nuove tecnologie, si riuscirà a tirar fuori dai musei o dai libri animali che vissero sulla Terra milioni di anni fa.
La creazione artificiale di un organismo appartenente a una specie estinta, la cosiddetta resurrezione biologica, è una pratica alla quale gli scienziati hanno cominciato a pensare analizzando l’estinzione di un roditore chiamato Rattus macleari. Di questo mammifero si conosce molto bene il DNA perché è simile a quello del ratto marrone (la pantegana), il cui genoma è stato completamente sequenziato.
Il roditore in questione è scomparso nel 1908 e i ricercatori lo vedono come il candidato ideale per rivivere grazie all’intervento della scienza. Per resuscitare una specie occorre, infatti, sequenziare il suo DNA, rimpiazzando le sequenze perdute del codice con altre molto simili. Solitamente queste vengono prese dai parenti della specie estinta, quelli ancora in vita.
Con il codice completo si passa alla creazione di embrioni con genoma ibrido, grazie ad una madre surrogata il più possibile simile all’animale estinto. Questa operazione viene fatta utilizzando la tecnica CRISPR/Cas9 che si basa sull’impiego della proteina Cas9, una sorta di forbice molecolare in grado di tagliare un DNA bersaglio. A seguito del taglio introdotto da Cas9, è infatti possibile eliminare sequenze di DNA dannose dal genoma bersaglio.
Tom Gilbert, genetista evolutivo dell’Università di Copenhagen, ha provato ad estrarre il DNA del roditore e lo ha sequenziato più volte in modo da ricavare un genoma più completo possibile. Per poter effettuare il suo esperimento, lo scienziato ha dovuto usare un genoma di stampo-guida (quello del ratto norvegese) e ricostruire un codice il più simile possibile a quello del ratto scomparso.
Il problema del DNA antico è che si degrada e spezzetta in frammenti piccolissimi, impossibili da riassemblare completamente. Infatti, dal confronto tra il DNA taglia e cuci ottenuto artificialmente e quello originale è emerso che il 5% del genoma del ratto di Maclear rimaneva ancora perduto, non ricostruibile. A mancare all’appello sono proprio i geni più importanti, quelli che determinano e rendono una specie unica, con caratteri speciali e irripetibili.
Il team di scienziati è riuscito a ricreare copie quasi complete di circa la metà dei geni del ratto estinto, inclusi quelli responsabili degli attributi di orecchie e peluria. In conclusione si potrebbe certamente riportare in vita una specie estinta, ma non sarebbe mai uguale all’originale. Potrebbe, infatti, differire:
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Per alcuni studiosi il 5% di diversità genetica è una percentuale alta, se si pensa che a dividere noi umani dai bonobo passa solo l’1% di DNA. Più il tempo trascorre più grande è la percentuale dei geni che andranno perduti senza possibilità di recupero. Per esempio, tra il Rattus macleari e la pantegana norvegese passano quasi 2,6 milioni di anni da quando hanno preso strade genetiche diverse, e tra il mammut e l’elefante asiatico ben 6 milioni di anni.
Non tutti condividono questa pessimistica visione. Secondo Andrew Pask, biologo dell’Università di Melbourne, la percentuale di geni differente non andrebbe a influire sul comportamento della nuova copia. Altri scienziati enfatizzano che lo scopo della resurrezione biologica non sarebbe quello di ricreare specie fotocopia ma equivalenti funzionali. Per esempio elefanti capaci di tollerare il gelo come i mammut lanosi.
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Mentre sul piano scientifico le prospettive della genetica aprono uno straordinario ventaglio di ricerca, d’altro lato migliaia di specie viventi rischiano di scomparire nei prossimi. Beth Shapiro, genetista della University of California, ha ribadito il concetto che molti animali si sono estinti a causa dell’uomo (come il tilacino), e non possono essere riportati indietro. Semmai la loro scomparsa dovrebbe essere un severo monito della necessità pressante di sviluppare tecnologie per fermare l’estinzione di altre specie.
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