Siamo abituati a immaginare il Medioevo a come un lungo periodo di precarietà, oscurantismo e malinconia. Ci figuriamo i poveri medievali sempre a lavoro, in chiesa o alla prese con pestilenze e guerre. Non era così. Il Medioevo fu anche un’epoca gioiosa e giocosa. La società, in tutti i suoi strati, era animata da feste, spettacoli ed eventi ludici. Ma quali erano i giochi più diffusi nel Medioevo?
I nobili medievali se la passavano bene e amavano la vita. Su questo nessuno ha troppi dubbi. Partecipavano a tornei, andavano a caccia, praticavano la musica e la poesia. Passavano intere giornate a svagarsi nella natura o nei loro palazzi. Quando non avevano voglia di giostre e battute di caccia, giocavano a scacchi: il gioco che riproponeva l’emozione della guerra.
Anche i miserabili e i più umili si concedevano almeno un’ora al giorno di svago e spensieratezza. La componente ludica era un fattore importante nella società medievale, ed erano gli stessi signori a garantire al popolo occasioni di gioco. Si organizzavano feste, tornei, giochi di gruppo, balli. Durante le festività e le domeniche, dove vigeva il divieto di lavorare, si organizzavano tornei per nobili e cavalieri e battaglie con armi finte o pietre per il popolo. Si giocava alla pallacorda o al calcio (il famoso calcio storico fiorentino). Vi erano poi luoghi deputati ai giochi di società, agli scacchi, ai dadi.
Giostre e tornei erano le attrazioni preferite. Il popolo correva intorno all’arenile dove si organizzavano gli scontri fra nobili, come oggi corriamo allo stadio per la partita. E di solito, accanto al torneo ufficiale nascevano scontri simulati o reali fra la plebe. Queste giostre erano nate come occasioni di allenamento, ma poi si erano trasformate in tornei: erano importanti attività d’intrattenimento in tutta Europa. Dei veri e propri spettacoli, con campioni amati dalla folla, scommesse e critiche.
Anche se i duelli erano organizzati secondo ferree regole comportamentali, e le lance erano spuntate e le spade non affilate, molto spesso ci scappava il morto. Per questo i tornei non piacevano molto alla Chiesa, che in più riprese condannò questa pratica.
Gli scacchi erano amatissimi. Non solo erano interpretati come un gioco di guerra, ma riflettevano anche la tripartizione della società medievale. I pedoni erano i membri del popolo. I cavalli e torri erano i cavalieri e i soldati. E re e regina rappresentavano i nobili. La scacchiera, insomma, era un’immagine allegorica della città e della società.
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I poveri giocavano ai dadi. In Italia era diffusa la zara. In pratica, era un gioco di scommesse. Prima di tirare i tre dadi ogni giocatore dichiarava il risultato che avrebbe ottenuto. Ovviamente, vinceva chi, dopo il lancio, conseguiva il punteggio dichiarato o quello più vicino. I punteggi che potevano essere dichiarati variavano da 5 a 16. Chi arrivava a una somma pari a 3, 4, 17 e 18 otteneva un punteggio uguale a zero.
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I più piccoli giocavano con bambole, palle, frombole, trottole, trampoli e statuette in terracotta chiamate balocchi. Passavano perlopiù il tempo all’aria aperta e giocavano in gruppo. Il gioco solitario era considerato una manifestazione di malinconia, che al tempo valeva come un peccato capitale.
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