Mohenjo-daro è un’antichissima e misteriosa città già abitata agli albori dell’Età del bronzo. Questo centro, situato sulla riva destra del fiume Indo, nell’attuale Pakistan, era insieme alla città di Harappa una delle metropoli della civiltà della valle dell’Indo. Fu abitata dal terzo millennio a.C. all’XVIII secolo a.C.; poi un tremendo evento catastrofico la spopolò. Cosa avvenne?
La grande città della civiltà della valle dell’Indo: Mohenjo-daro
Il nome Mohenjo-daro significa “monte dei morti“. Questo macabro lemma si deve al fatto che in epoca moderna, in queste zone, sono stati trovati numerosi scheletri: i resti degli antichi abitanti della città. Mohenjo-daro era uno dei centri più grandi e influenti della civiltà della valle dell’Indo. Parliamo di una cultura che, parallelamente a quella mesopotamica, ha traghettato l’uomo dalla preistoria alla storia, da uno stato di minorità a un’organizzazione sociale, rituale e politica avanzatissima.
Il sito si estendeva per più di cento ettari ed era diviso in due zone: la città alta e quella bassa. Sulla città alta era edificata una grande vasca, detta il Grande bagno. Forse un grande pozzo per convogliare e conservare l’acqua piovana. Strade tracciate secondo un percorso razionale dividevano grandi edifici e connettevano abitazioni (dotate di bagno e sistemi fognari) e strutture civili, come granai, officine comuni e forni. Non c’erano invece templi… Le costruzioni erano tutte in legno indurito col fuoco o di mattoni seccati al sole: tecniche che nell’epoca del Bronzo erano conosciute solo in Mesopotamia. Soltanto negli anni Venti gli archeologi sono riusciti a individuare il sito preciso e a dare inizio agli scavi. L’ottima conservazione dei reperti ci ha consegnato numerose informazioni su questa cultura antica e sconosciuta.
Una civiltà molto avanzata
Nel periodo di massimo splendore la città era popolata da almeno settantamila persone. Ecco perché parliamo di metropoli. Le case erano spesso a due piani ed erano dotate di piccoli bagni. Le coltivazioni, invece, rivelavano avanzati sistemi di irrigazione. Gli archeologi hanno scoperto forni dove lavoravano vasai, grandi vasche usate come concerie e fabbriche dove si lavoravano i metalli (il bronzo in particolare), le ceramiche e le perle. Molto probabilmente la città era protetta da una diga, per controllare le piene del fiume.
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Le necropoli presentano sepolture semplici e tutte uguali. Questo potrebbe significare che gli abitanti di Mohenjo-Daro non erano divisi in classi sociali. Il fatto che i ricercatori non abbiano rintracciato un palazzo porta a pensare che il popolo si autogovernasse, o che comunque fosse retto da un sovrano non divinizzato, magari eletto. L’assenza di templi indica, invece, che questa cultura non aveva sviluppato una religione ufficiale.
La distruzione della città
La grande città fu distrutta varie volte e sempre ricostruita. Poi, nel XVIII secolo a.C., fu abbandonata del tutto. Si pensa sia stata sommersa dall’Indo, oppure che un grande incendio abbia sconvolto il tessuto urbano. C’è anche chi chiama in causa la caduta di un meteorite.
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Gli amanti delle pseudoscienze e delle teorie aliene credono che Mohenjo-Daro e tutta la civiltà dell’Indo siano state spazzate via da un’esplosione di tipo nucleare a seguito di una battaglia tra UFO. In questo modo si spiega anche lo sviluppo atipico di questa città. Alcuni fossili di scheletri suggeriscono, secondo queste teorie, la presenza di alti livelli di radiazioni. Ma, ovviamente, non ci sono prove scientifiche a sostegno di questa tesi… E, poi, con un olocausto nucleare, come mai le case di legno sarebbero sopravvissute?