La guerra in Ucraina avrà gravi ripercussioni economiche su tutto il mondo. Non parliamo solo di gas e di petrolio. A rischio c’è anche il mercato dei chip. L’Ucraina è infatti un importante produttore di gas neon, fondamentale per far funzionare i laser con cui si producono semiconduttori e chip…
L’invasione dell’Ucraina sta facendo tremare tutto il mondo. E a preoccuparsi è anche l’industria globale dei chip, già minata da gravi problemi legati all’approvvigionamento delle materie prime. L’Ucraina è un Paese leader nella produzione di gas neon, che viene utilizzato nei laser utili per la produzione di chip. Il neon, o neo, è un gas nobile quasi inerte e incolore caratterizzato dalla sua incandescenza rossastra. Quando questo gas è utilizzato in un tubo a scarica o in alcune lampade (che sono dette appunto, “al neon”) produce una forte luminescenza.
Secondo le ultime stime, Kiev fornisce oltre il 90% del neon utilizzato negli Stati Uniti come semiconduttore. Ciò significa che gli USA potrebbero essere costretti a bloccare del tutto la produzione di chip. Secondo alcuni resoconti, la maggior parte di questo gas nobile viene estratto proprio in Donbass, sotto forma di gas monoatomico.
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Circa il 35% del palladio, un metallo raro utilizzato anche per i semiconduttori, proviene invece dalla Russia. Da questi dati è chiaro che il conflitto su vasta scala può mettere in ginocchio l’economia globale e affondare il commercio dei chip, già in evidente difficoltà. Se la guerra dovesse andare avanti, l’Ucraina sarebbe costretta a interrompere le esportazioni.
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In più, per via delle sanzioni, la Russia non venderebbe più le sue materie prime. La Intel, società leader nel settore dei microchip, sta già tremando, dato che importa la maggior parte dei suoi gas neon proprio dall’Ucraina.
L’ASML, che fornisce macchine ai produttori di semiconduttori, si procura meno del 20% dei gas che utilizza dai Paesi colpiti dalla crisi. Quindi si sente più al sicuro. Invece per la Intel e per altri colossi del settore potrebbe aprirsi una nuova fase di crisi. Una delle soluzioni è quella di rivolgersi alla Cina.
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Ma questo tipo di accordi va a rilento, e le forniture potrebbero richiedere mesi di ritardi. Già nel 2014, dopo la crisi della Crimea, i chip subirono un duro colpo: il prezzo delle componenti aumentò a dismisura. Ora le conseguenze potrebbero essere ancora più gravi.
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