I Paesi anglosassoni e germanici, com’è noto, celebrano il contatto tra vivi e morti a fine ottobre. Il mondo romano, invece, ritualizzava il rapporto dei vivi col mondo dell’oltretomba a fine febbraio, con la festa dei Feralia. Questa grande festa cadeva il 21 febbraio, durante i Parentalia, un periodo che andava dal 13 al 21, tutto consacrato ai defunti.
Feralia, la festa romana di febbraio dedicata ai morti
Conosciamo con sicurezza la data dei Feralia grazie ai Fasti di Ovidio. Il termine Feralia deriva dal verbo fero, che significa portare: durante la festa si portavano doni ai morti. Non solo fiori, ma anche sale, fagioli neri, dolci, pane e vino. I fiori prescelti erano le viole, che fioriscono a inizio marzo. La tradizione ci parla di una composizione particolare di ghirlande, una spolverata di grano e un po’ di sale, pane imbevuto di vino e violette sparse…
Durante questo periodo erano interdetti i matrimoni. Tutti i templi restavano chiusi e i magistrati non potevano indossare la toga praetexta. Tutta la società romana onorava i defunti e sospendeva le occupazioni ufficiali. Si pensava infatti che in quei giorni i defunti tornassero nel mondo, accanto ai vivi.
La fossa di Cerere
Per rendere più chiaro questo contatto, i Latini aprivano i sepolcri e scoperchiavano le fosse. I sacerdoti aprivano la grande fossa dedicata alla dea Cerere, chiamata mundus, che simboleggiava anche un utero rovesciato. Lo spazio era riempito di doni di ogni genere. In ogni casa si ripeteva il rito, lasciando fiori nei giardini, sotto l’altare dedicato agli dèi Mani.
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La fossa veniva aperta in altre tre occasioni: il 24 agosto, il 5 ottobre e l’8 novembre. Ogni volta, a celebrare il rito interveniva il pontefice massimo, l’unico che poteva controllare le anime dei defunti e impedire loro di molestare i vivi.
I Mani
Per i Latini i Mani erano appunto gli spiriti dei morti. Proteggevano la casa e i suoi abitanti, il quartiere o l’intera città. Erano perciò oggetto di devozione sia in ambito familiare che cittadino. I cittadini dedicavano loro orazioni e offerte. Anche in questo caso i sacrifici erano di origine alimentare. Si offriva loro vino, latte, miele, pane e sale.
Questo collegamento con gli alimenti fa immaginare che la matrice religiosa dei Mani sia prevalentemente agricola. Erano dèi rustici, amati soprattutto dagli agricoltori e manifestazioni di un culto molto antico e spiccatamente romano, cioè non derivato dal mondo greco.
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I Feralia si concludevano con grandi banchetti in famiglia, dove si consumavano grandi quantità di vino. Talvolta ci si mascherava, o ci si truccava, utilizzando cenere e gesso.