Finalmente trovata una cura che potrebbe essere definitiva nella lotta contro il cancro grazie agli oncosoppressori. Questi sono già presenti nel nostro organismo e riuscirebbero a riparare le cellule in errore.
Il cancro sconfitto dai geni
I geni oncosoppressori svolgono diverse funzioni all’interno del nostro corpo, tra le più importanti quella di rallentare la crescita cellulare, riparare gli errori del DNA, aiutare le cellule che hanno accumulato troppe anomalie ad autodistruggersi. Le proteine degli oncosoppressori svolgono molteplici funzioni a livello cellulare, come:
- Impedire alle cellule difettose di replicarsi.
- Correggere le anomalie del DNA, impedendo la divisione cellulare di queste parti danneggiate.
- Facilitare la apoptosi, cioè la morte programmata delle cellule nocive.
- Sopprimere il processo di metastatizzazione.
La scoperta degli oncosoppressori nella cura del cancro
Fu Henry Harris, professore di medicina all’Università di Oxford, il primo a osservare che le cellule normali possedevano geni deputati al controllo della crescita, la cui funzione era andata perduta nella cellula tumorale, probabilmente in seguito ad una mutazione. Il medico provò quindi ad introdurre tramite fusione cellulare le cellule sane in quelle neoplastiche, accorgendosi che le prime esplicavano la loro funzione sopprimendo il fenotipo tumorale.
Si è arrivati alla conclusione che i geni oncosoppressori esercitano un controllo diretto sulle cellule, intervenendo su come devono proliferare, differenziarsi o morire. Ne possiamo trovare di due tipi :
- I gatekeepers che consentono o bloccano l’entrata delle cellule nel ciclo che conduce alla divisione della cellula stessa. Oltre a questo, questi geni mantengono anche l’integrità del genoma e controllano la frequenza con cui le cellule vanno incontro a mutazioni.
- I caretakers che si prendono cura di mantenere inalterato il genoma cellulare, riparando all’uopo il DNA.
Gli oncosoppressori più conosciuti sono:
Gene RB: il primo ad essere identificato, ha la funzione di bloccare la cellula in uno stadio che impedisca errate o dannose divisioni. Se il gene RB è difettoso le cellule possono continuare a dividersi indisturbate dando origine al tumore.
P53: conosciuta anche come proteina tumorale 53, è un fattore di trascrizione che regola il ciclo cellulare e ricopre la funzione di soppressore tumorale.
P16: ha la funzione di bloccare il ciclo cellulare ed impedire la mitosi. Questo gene è stato ritrovato mutato in vari fenomeni tra cui il cancro al fegato.
PTEN: è uno dei principali geni oncosoppressori del nostro corpo e ha lo scopo di aiutare a controllare il ciclo di vita delle cellule. Quando non funziona a pieno ritmo, le cellule si possono moltiplicare in modo incontrollato trasformandosi in tumori.
BRCA1 BRCA2: quando non funzionano sono quelli che possono causare il cancro alla mammella, e le loro mutazioni sono le responsabili all’incirca del 50% dei tumori al seno ereditari.
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Le terapie
Nella battaglia contro il cancro negli ultimi anni sono entrati anche i micro RNA, che sono delle piccole molecole non codificate che modulano l’espressione di un terzo dei geni umani bersaglio. Diversi studi, di recente, hanno corroborato la tesi secondo cui l’introduzione attraverso un vettore virale di questi piccoli frammenti di RNA nelle cellule tumorali potrebbe rappresentare una nuova linea di attacco contro il cancro. Questi, per esempio, sono già stati utilizzati per sviluppare un dosaggio a biomarcatore per una rapida diagnosi del cancro al polmone.
Un’altra terapia valida soprattutto nel caso di leucemia, è quella denominata del proiettile magico (magic bullet). Stiamo parlando della proteina tirosina chinasi (Glivec®) che è stata considerata come il farmaco perfetto all’inizio del suo utilizzo. Questo inibitore è in grado di colpire selettivamente una proteina che si forma esclusivamente dalla traslocazione cromosomica che causa la leucemia mieloide cronica, il cromosoma Philadelphia.
L’ultima novità deriva dalla lotta al cancro al seno e all’utero. L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha approvato l’utilizzo, infatti, nella pratica clinica di olaparib che ha dato esiti positivi soprattutto nella lotta al cancro all’ovaio. Se somministrato durante lo stadio iniziale della malattia, olaparib è più efficace nel ridurre il rischio di progressione della malattia nelle donne con un carcinoma ovarico indotto dalla mutazione dei geni BRCA 1 e 2.
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In ultima analisi possiamo affermare che la scoperta dei geni oncosoppressori, unitamente alla delucidazione del ruolo dei geni riparatori del danno al DNA, ha radicalmente cambiato il modo di concepire l’origine del cancro, facendo di questo una malattia genetica. Il paradigma genetico delle origini di tale problema si è rivelato di grande utilità per classificare in maniera più appropriata le varie tipologie tumorali. La strada da percorrere, tuttavia, è ancora lunga ed irta di ostacoli anche se è verosimile che le numerose ricerche nel settore apporteranno nei prossimi anni le conoscenze necessarie per trovare terapie efficaci a questa patologia. La soluzione potrebbe già essere dentro di noi, racchiusa nei nostri geni!