Vi siete mai chiesti perché ci piacciono così tanto film e serie tv? E perché, poi, certi film ci emozionano più di altri? C’entra di sicuro la catarsi, concetto caro alla filosofia classica, ma non solo. Le neuroscienze hanno studiato la questione e offerto una risposta fisiologica al nostro amore per il cinema…
Sì, alcuni film ci emozionano più di altri e alcune scene ci piacciono così tanto che siamo pronti a rivederle dieci, venti, cento volte… A più di cento anni dalla sua introduzione, il cinema continua a incantare l’essere umano. Come ci riesce? La domanda giusta da fare è: perché amiamo così tanto i film? Di certo deve scattare qualcosa nel nostro cervello. Indubbiamente, il cinema ha assorbito le funzioni estetiche e sociali del teatro: provoca una catarsi, ovvero ci aiuta a liberarci da tensioni accumulate, drammatizzando le nostre paure e i nostri desideri.
La scienza si è interrogata più volte su questo fenomeno. E ultimamente il neuroscienziato Vittorio Gallese (che fece parte del gruppo che individuò i neuroni specchio nel 1992) si è unito al teorico del cinema Michele Guerra per studiare la questione. Ne è venuta fuori una pubblicazione: Lo schermo empatico. Cinema e neuroscienze pubblicato da Raffaello Cortina.
Nella Poetica, il filosofo Aristotele descriveva la catarsi come il liberatorio distacco dalle passioni tramite la visione delle tragedie. Insomma, secondo il filosofo il teatro piaceva alla gente perché metteva in scena forti vicende, sentimenti contraddittori e sconvolgenti, che in qualche modo rispondevano a pulsioni segrete o represse del pubblico. Chi assisteva a una tragedia si immedesimava nel racconto e sfogava indirettamente i suoi istinti repressi… La tragedia quale mimesi della realtà riusciva quindi a purificare gli animi. Con la sua arte inquietava e poi sollevava lo spirito dello spettatore, creando una separazione fra passioni reali e immaginarie, e permettendo dunque di rivivere intensamente un sentimento (come l’odio, la passione, la vendetta), senza commettere un’empietà.
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Questa interpretazione della catarsi vale anche per il cinema. I film sono strumenti per sopportare i mali e il dolore che ci colpiscono o potrebbero colpirci in futuro. Scientificamente, questo tipo di esperienza ha a che fare con i neuroni specchio.
Gallese e Guerra parlano di simulazione incarnata. Secondo questa tesi, quando osserviamo le azioni altrui, si attivano alcune cellule dette neuroni specchio della nostra corteccia motoria, proprio come se fossimo noi ad agire. Così comprendiamo le emozioni degli altri. E ci immedesimiamo. Proviamo empatia.
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Tramite alcuni esperimenti, Gallese e Guerra hanno provato che quando guardiamo il gesto di un attore in un film, vengono stimolate le stesse aree del cervello che si attivano quando siamo noi stessi a svolgere quell’azione. Anche se sappiamo benissimo di partecipare a una finzione, i film riescono comunque a colpirci nel profondo. Le immagini ci coinvolgono. Il nostro cervello reagisce come se stesse osservando la realtà.
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