Robot sempre più simili agli umani, ora anche in grado di riprodursi da soli. Superato un altro limite da una tecnologia che ormai sta prendendo il sopravvento su tutto. Ma dove ci porterà questa evoluzione?
Robot che diventano umani
Si chiamano Xenobot e sono stati programmati per riprodursi in modo identico. Essenzialmente, sono delle microsfere composte da migliaia di cellule di rana, capaci di autorigenerarsi come organismi biologici in modo autonomo. Questo tipo di evoluzione mette inquietudine anche perché c’è chi sostiene, se si continua così, che presto gli umani potrebbero essere sostituiti definitivamente dai robot!
Queste cellule di rana assomigliano a piccoli Pac-Man con la bocca aperta, e sono prelevate dalla pelle di un embrione di Xenopus laevis (una rana comunemente usata per gli esperimenti in biologia). Le cellule che compongono lo Xenobot variano dalle 4.000 alle 6.000. Grazie alle loro ciglia, sono capaci di muoversi nel terreno di coltura e di raccogliere le altre cellule che incontrano, aggregandole in sfere che si muovono a loro volta.
Sostituiranno gli umani?
Queste cellule programmabili e replicabili fanno quindi pensare ad un mondo nuovo, ma sicuramente non a un mondo dove noi umani potremmo essere sostituiti del tutto. I ricercatori, analizzando questo caso, si sono infatti resi conto che gli Xenobot non sono in grado di replicarsi all’infinito. Lo fanno per quattro generazioni e poi smettono!
Gli scienziati hanno scoperto che la conformazione a C, simulata dall’intelligenza artificiale, è quella che permette la miglior capacità di replicarsi. Sono state valutate varie forme di aggregazione, ma nessuna sembra funzionare come questa.
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Perché sono stati creati?
Perché sono stati creati questi robot biologici? A cosa possono servire realmente? L’idea è sicuramente quella di utilizzarli in ambito biomedicale, all’interno di macchinari in grado di essere programmati per assemblarsi. L’assemblaggio si riferisce all’unione di tessuti con forma e struttura predefinite.
Oltre a questo, gli Xenobot potrebbero essere utilizzati per la creazione di nuovi farmaci mirati a trattare singole cellule. Capire, infatti, come queste interagiscono fra loro e si sviluppano è un traguardo che la medicina rigenerativa vuole raggiungere da tempo. Approfondire l’origine evolutiva di questi organismi multicellulari potrà permettere, infatti, di compiere diversi compiti, come:
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- Fare la pulizia delle microplastiche o di altri contaminanti alle applicazioni biomediche.
- Viaggiare nel corpo umano per identificare il cancro, ricostruire tessuti, o pulire le arterie (per esempio dal colesterolo accumulato).