Grazie all’analisi genetica di un resto di una pecora, oggi sappiamo che non furono i vichinghi i primi abitanti delle Isole Faroe. Ma chi si insediò per primo sull’arcipelago situato a metà strada tra l’Islanda e la Scozia?
La storia delle origini dell’arcipelago delle Faroe (Fær Øer) è avvolta nell’oblio. Per tradizione si pensa che i primi uomini a popolare questi isolotti furono i coloni vichinghi di Naddoddr, ossia il mitico scopritore dell’Islanda. Altri racconti, tuttavia, immaginano che prima dei norreni, le isole siano state frequentate da dei monaci eremiti: si dice appunto che, intorno al VI o al V secolo d.C., sulle Faroe siano arrivati dei monaci irlandesi. La tradizione cattolica, invece, pone la scoperta di quest’arcipelago solo nel X secolo, con la leggenda della navigazione di san Brandano. Non abbiamo comunque prove scritte o reperti archeologici chiari. Ma poco tempo fa una nuova scoperta ha gettato nuova luce sulla storia antica dell’arcipelago.
I primi ad abitare le Isole Faroe non dovrebbero essere stati i vichinghi. Grazie a dei resti di DNA animale dei ricercatori hanno capito che almeno tre secoli anni prima del loro arrivo qualcuno allevava già le pecore su quelle isole.
Scopriamo quindi chi abitava sulle Isole Faroe prima dei vichinghi. Per capirci qualcosa dobbiamo basarci su uno studio pubblicato su Communications Earth & Environment, in cui dei ricercatori sostengono che trecentocinquanta anni prima dell’occupazione vichinga queste isolette fredde e remote fossero già abitate. I ricercatori hanno ritrovato nei sedimenti di un lago dei frammenti di DNA di pecore addomesticate databili attorno al V secolo, dunque ben prima dei primi segnali dell’occupazione vichinga, che dovrebbe essere partita dopo l’IX secolo.
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Eppure non è la prima volta che qualcuno ipotizza un insediamento umano precedente a quello vichingo. Come abbiamo detto, si immagina che dei monaci eremiti irlandesi siano potuti arrivare sull’arcipelago già nel IV o nel V secolo d.C.: in epoca medievale furono prodotte leggende e testi che parlavano di queste storie. Nel 2013, però, fu trovata della torba bruciata contenente chicchi d’orzo sotto il pavimento di una casa vichinga. Secondo i ricercatori quei cereali erano molto più antichi rispetto alla casa. E se l’insediamento era databile nel X secolo, i cereali potevano risalire anche al V secolo d.C..
La nuova scoperta, quella delle pecore, è avvenuta quasi per caso. I ricercatori erano impegnati a indagare sul clima che doveva caratterizzare le isole in epoca vichinga. Navigando sul lago vicino al villaggio di Eiði, hanno prelevato delle “carote” di fango dal fondale, affondando speciali tubi fino a quasi tre metri di profondità.
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Così facendo, hanno potuto raccogliere dei resti contenenti circa diecimila anni di storia climatica. E da queste carote è venuto fuori qualcosa di inaspettato. Più o meno a cinquanta centimetri di profondità, gli studiosi hanno rilevato dei frammenti di DNA di pecore, oltre a due lipidi prodotti dai sistemi digestivi degli ovini (in gergo biomarcatori fecali). E se le pecore erano lì, qualcuno doveva allevarle.
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