La febbre del like: fenomenologia di una nuova dipendenza

Gli anni del like. Così potremmo definire questi ultimi dieci anni. Da quando i social network si sono imposti come strumenti di comunicazione onnipresenti nelle nostre vite, like, mi piace, cuoricini e condivisioni hanno assunto un peso specifico incredibile. Sia a livello sociale che psicologico ed esistenziale. Ma qual è il meccanismo che ci spinge a condividere foto e post e a mettere e a ricercare like?

La schiavitù dei like (Pixabay) – curiosauro.it

A caccia di like

Ormai l’essere umano è ossessionato dai like. L’approvazione sociale e morale passa sempre di più attraverso i social. I profili sono diventati le nostre nuove identità e il numero dei like è interpretabile come un indice chiaro di soddisfazione e autostima. Non solo adolescenti e influencer, ormai tutti o quasi reputano importante o indispensabile ottenere like ai propri post sui social. Anche i politici, gli scrittori, gli intellettuali e gli scienziati, al giorno d’oggi, contano i like per capire quanto piacciono (o sono sgraditi) all’uditorio.

I like non sono altro che condizionamenti esterni di tipo virtuale, che rappresentano per molti individui una vera e proprio realtà, più importante della vita vissuta. Entra in gioco un meccanismo di gratificazione che dà via a una vera e propria dipendenza. Quasi la metà dei ragazzi cerca continuamente un feedback online ai propri post sotto forma di pollici in su.

Una dipendenza che nasce dal meccanismo del reward learning

Quanto costa in realtà un mi piace? (Pixabay) – curiosauro.it

Dunque sta emergendo un grave problema di salute e di ordine sociale. Si parla appunto di dipendenza da notifica. Soprattutto i giovani sono ossessionati dalla popolarità online. Ma l’impatto dei mi piace sugli adolescenti è spesso devastante. Non è naturale che il naturale bisogno di accettazione si riduca a un’esposizione al giudizio di un pubblico spesso composto da sconosciuti.

POTREBBE ANCHE INTERESSARTI >>> Ecco cosa succede dentro internet in un minuto

La ricerca ossessiva e spasmodica di like è un problema che tende al patologico allorquando gli utenti finiscono per realizzarsi (e misurare il valore della propria persona) solo in base a risposte spesso prive di senso come i mi piace.

Ovviamente, più riceviamo consensi, più postiamo e diventiamo social-dipendenti. Siamo di fronte a un circolo vizioso. I social si basano proprio su questa strategia per ottenere click. Il meccanismo si chiama reward learning: apprendimento per ricompensa. La stessa cosa succede in natura. Gli animali insegnano ai loro cuccioli a comportarsi in un certo modo con premi e punizioni. E lo stesso meccanismo si riscontra con le cavie da laboratorio, che imparano a eseguire delle azioni che li premiano. Siamo dunque delle cavie? Sì: perché impostiamo il nostro comportamento online in base alla reazione dei nostri seguaci e, quindi, a una ricompensa in termini di like.

POTREBBE ANCHE INTERESSARTI >>> Si sa, troppo social fa male: ma ecco cosa succede agli adolescenti

Uno studio pubblicato su Nature Communications ha analizzato oltre un milione di post pubblicati su Instagram e altri social da più di quattromila utenti. Ne è emerso un comportamento ricorrente, che i ricercatori hanno appunto associato al meccanismo psicologico del reward learning. Ma per confermare quanto rilevato dall’analisi dei post, i ricercatori hanno anche sottoposto alcuni volontari a un esperimento online. Hanno in pratica chiesto a questi volontari di condividere a piacimento foto divertenti e meme per ricevere commenti e mi piace da altri utenti. Il comportamento di questi utenti è stato in linea con i risultati dello studio. I social media seguono dei principi base abbastanza banali. La loro strategia è comune a molte specie animali: è l’apprendimento per ricompensa.

Gestione cookie