Un pancreas artificiale contro il diabete di tipo 2… Uno studio rivoluzionario, tutto italiano, sta cercando una soluzione definitiva e pratica per realizzare un modello adatto a sconfiggere la malattia metabolica più diffusa al mondo. Come? Applicando nuove strategie di controllo della glicemia ad anello chiuso.
Parliamo di un interessante e promettente studio effettuato da alcuni ricercatori dell’Istituto di analisi dei sistemi ed informatica Antonio Ruberti del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR-IASI). Questi studiosi, in collaborazione con altri ricercatori dell’Università degli Studi dell’Aquila e dell’Università di Milano-Bicocca, hanno sviluppato una tecnica da utilizzare per la progettazione di un pancreas artificiale più funzionale e “flessibile”. Un organo sintetico utile per pazienti diabetici di tipo 2.
Il pancreas artificiale va inteso come un dispositivo (in costante evoluzione e aggiornamento) che può fornire un importante aiuto ai pazienti diabetici. In pratica, è un apparecchio di screening atto a sostituire la funzione endocrina del pancreas, laddove ovviamente compromessa. Da qualche anno, molti ricercatori lo utilizzano per studi genetici, nella speranza di poter risolvere il problema di base. Questo dispositivo ha conosciuto un’introduzione nel campo medico solo di recente, e la ricerca non si è mai interrotta.
Ma cosa intendiamo per diabete di tipo 2? È la tipologia che rappresenta circa il 90% dei casi di diabete. Dunque una fetta consistente della grave e diffusissima malattia metabolica caratterizzata da elevate concentrazioni di glucosio nel sangue. L’iperglicemia, come sappiamo, comporta una disfunzione che agisce in un contesto di insufficiente secrezione endogena o di resistenza all’azione dell’insulina, che è l’ormone regolatore del glucosio.
Il pancreas artificiale oggi è la tecnologia all’avanguardia per la regolazione automatica della glicemia nei pazienti diabetici. L’approccio del dispositivo standard si basa però su dei modelli simbolici, ovvero su delle approssimazioni generali, che non possono mai essere conformi alle esigenze dinamiche di ogni paziente. L’obiettivo è dunque quello di dar vita a sistemi dinamici complessi, flessibili e adattabili ad ogni tipo di paziente. Ecco appunto l’importanza della ricerca italiana. Con il loro recente studio, gli scienziati italiani sono riusciti a creare un modello che tiene conto della dinamica della concentrazione di glucosio nel sangue di ogni individuo. E non solo… il loro modello sa anche reagire specificatamente ai valori della somministrazione di insulina dall’esterno per via sottocutanea e tenere conto dell’assunzione di pasti.
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La metodologia, già validata in silico, ovvero mediante simulazione numerica, funziona benissimo sulla popolazione di pazienti virtuali usati per gli esperimenti. Questi pazienti virtuali sono riferimenti di studio e ricerca approvati dalla Food and Drug Administration. Si usano infatti questi modelli virtuali in sostituzione delle cavie (sperimentazione animale nei test preclinici). Lo studio, pubblicato sulla rivista IEEE Transactions on Control Systems Technology, conferma con dati chiari il buon potenziale del nuovo approccio. In particolare, su una popolazione di diecimila pazienti virtuali, i ricercatori sono riusciti a compensare quasi al 90% tutti i casi di iperglicemia e soprattutto a evitare pericolosi episodi di ipoglicemia.
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Ebbene, il nuovo modello, rispetto a tecniche standard, fornisce rilevanti miglioramenti delle prestazioni. Queste prestazioni, ovviamente, sono valutate secondo indici di efficacia definiti a livello internazionale. In pratica, un successo!
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