In psicologia esiste un meccanismo abbastanza diffuso di negazione del pericolo collegato ai ragionamenti condizionati dal cosiddetto pregiudizio di sopravvivenza (survivorship bias). Ecco perché molte persone negano l’efficacia del vaccino e mimizzano altri strumenti importanti di sicurezza per la vita.
Il pregiudizio di sopravvivenza
C’è gente che pensa che il vaccino sia inutile così come ce n’è altra che crede che le cinture di sicurezza non servano a granché. Queste persone sono di solito pronte a criticare i dati e le evidenze scientifiche, convinte da un ragionamento privato e sbagliato. Questo ragionamento si basa su una fallacia, ossia su un chiaro errore logico. Un esempio? Quando si parla di virus e vaccini, arriva sempre qualcuno che dice: “Oggi ci si vaccina anche contro il morbillo, ma un tempo tutti si ammalavano di questa malattia e sopravvivevano”. Oppure… “Le cinture di sicurezza anni fa non c’erano e siamo ancora vivi”. Convinzioni del genere sono pericolose perché possono spingere a conclusioni controproducenti.
L’esperienza privata portata come esempio riporta un fatto vero ma implica conclusioni sbagliate. Nei casi degli esempi, i ragionamenti possono determinare la convinzione che non siano poi così importanti il vaccino contro il morbillo o le cinture di sicurezza in auto. Ci troviamo di fronte a degli esempi di ragionamenti condizionati dal cosiddetto pregiudizio di sopravvivenza (il survivorship bias). Superato un pericolo, la nostra mente lo minimizza. E non solo. Assolutizza poi l’esperienza, credendo che il pericolo scampato valga per tutti.
L’esperienza dell’aviazione durante la Seconda Guerra Mondiale
Durante la Seconda guerra mondiale l’aviazione americana decise di analizzare i danni riportati dagli aerei che rientravano alle basi dalle missioni. Il piano era quello di valutare possibili interventi di rinforzamento ai velivoli in punti specifici: nei punti più colpiti. Da quest’analisi emerse che le parti più danneggiate dal fuoco nemico si concentravano sulle estemità alari, sulla parte centrale della fusoliera e sui piani di coda. I militari si confrontarono e giunsero alla conclusione che gli aerei avrebbero avuto bisogno di essere rinforzati proprio in quei punti.
La questione fu sottoposta anche a degli specialisti, ossia allo Statistical Research Group (SRG) della Columbia University. Ma dopo avere esaminato la distribuzione delle parti danneggiate, Abraham Wald, uno dei ricercatori, propose una conclusione contraria. Wald suggerì, infatti, di rinforzare con ulteriori protezioni tutte le parti che si presentavano integre o con danno minore. E come mai? A prima vista sembra un controsenso. E invece no.
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Da bravo statistico Wald notò che gli aeroplani che erano stati crivellati di colpi in quei punti erano di fatto rientrati alla base: erano sopravvissuti. Per questo riteneva che a dover essere rinforzate erano le parti che si presentavano integre in quegli aerei. Perché?
Un errore logico che può costare caro
Perché, presumibilmente, erano state colpite negli aerei che erano stati abbattuti. In pratica, Wald tenne conto del pregiudizio di sopravvivenza. All’epoca wuesto meccanismo non era ancora noto in psicologia, ma presto sarebbe stato rivelato.
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Come abbiamo anticipato si tratta dell’errore che si commette quando, per giudicare una certa situazione, si prendono in considerazione solo i dati relativi agli elementi che sono sopravvissuti a un processo di selezione. Tutti, istintivamente, trascuriamo i dati che non ci riguardano. Se non siamo morti in un incidente automobilistico, non comprendiamo l’importanza delle cinture. Se non siamo stati intubati a causa del Covid-19, non capiamo la necessità dei vaccini… e così via.