Dal 2019, guardiamo con occhi diversi i pipistrelli. Li osserviamo con sospetto, paura e risentimento. Anche se non ne abbiamo ancora la certezza scientifica, siamo quasi sicuri che il Covid-19 sia nato in queste creature. Compiendo uno spillover (un salto di specie), il coronavirus dei chirotteri ha causato una tremenda pandemia nel mondo. E secondo alcuni ricercatori, non sarebbe finita qui. I pipistrelli potrebbero infettarci con nuovi virus. Verrà da loro il nuovo virus?
A quanto pare, dovremmo tener d’occhio almeno quattrocento specie di pipistrelli. Perché in questi mammiferi potrebbe nascere e poi diffondersi un nuovo virus pericoloso per l’uomo. Dai pipistrelli è venuto il SARS-CoV-2, il coronavirus che causa la Covid-19. Non sappiamo ancora come si sia articolato il salto di specie, ma la scienza teme altri spillover. E dunque si temono nuove eventuali pandemie. Per non scongiurare questo rischio è allora fondamentale monitorare questi volatili, ma non solo. Dobbiamo anche capire quali possono essere le specie animali che ospitano virus potenzialmente pericolosi per l’uomo.
Uno studio pubblicato su Lancet Microbe cerca di predire quali virus potrebbero nel futuro prossimo infettare gli uomini e da quali serbatoi animali potrebbero arrivare. Lo studio si inserisce in una ricerca internazionale chiamata Verena (Viral Emergence Research Initiative), mirata appunto all’isolamento del prossimo salto di specie.
La parola chiave è: indagine. Dobbiamo studiare con più attenzione gli animali che ospitano nei loro organismi i betacoronavirus, ossia quel gruppo di coronavirus responsabili anche della SARS e della Covid-19. Per ora ci siamo concentrati sui pipistrelli cinesi, ovvero su quei chirotteri da cui pensiamo sia partita l’infezione. Ma ci sono almeno quattrocento specie di mammiferi placentati da studiare.
Ebbene, i modelli messi a punto dai ricercatori sono riusciti a individuare come possibili serbatoi di betacoronavirus oltre quattrocento specie di pipistrelli. Si tratta di volatili diffusi in tutto il mondo. Soprattutto nel Sud-Est asiatico, nell’Africa subsahariana e nel continente americano. C’è poi anche il rischio che il virus possa provenire da altri animali: topi, per esempio. Per fortuna, pare che felini e felidi, che sono spesso soggetti ai coronavirus non debbano preoccuparci: il salto di specie da un gatto a un uomo è quasi impossibile.
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È fondamentale investire nel monitoraggio di questi animali, specie sui pipistrelli. Per evitare una nuova pandemia, la scienza deve capire dove e quando i betacoronavirus potrebbero fare il salto di specie.
Lo spillover è un processo naturale e in un certo qual senso prevedibile. Con dati a sufficienza, la scienza può comprendere quando un patogeno degli animali sta per evolvere. Si può anche stimare in che grado un patogeno possa diventare in grado di infettare, riprodursi e trasmettersi all’interno della specie umana.
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I virus sono i patogeni più comuni nelle zoonosi. E in queste infezioni, il salto di specie avviene sempre tramite una mutazione genetica. Cosa vuol dire? Che mutando il virus può acquisire nuove capacità ed evolvere in nuove versioni. Per esempio, versioni in cui le proteine del capside diventano abili nel riconoscere le cellule umane e replicarsi. Ciò accade più frequentemente nei virus a RNA, come i coronavirus appunto.
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