Tracce vecchie 20mila anni, un ritrovamento che cambia la storia della colonizzazione umana nell’America Settentrionale
Nord America Scoperte impronte di uomini risalenti all’ultima glaciazione. Un approfondito studio fatto in New Mexico da un team di esperti rivela tracce di esseri umani in America del Nord riconducibili all’epoca dell’Ultimo Massimo Glaciale. Nonostante il cammino per definire al meglio la linea temporale dei primi insediamenti sia ancora lungo, le ultime ricerche sembrano ridisegnare la storia insediativa degli esseri umani. Sono state rinvenute orme ben conservate dal team guidato dall’esperto Matthew R. Bennett. Il gruppo di lavoro ha portato alla luce tracce risalenti a 23.000-21.000 anni fa, grazie all’analisi non invasiva dei ritrovamenti presso il lago Otero nel White Sands National Park nel New Mexico.
Gli uomini sarebbero stati in grado di camminare sul lago grazie all’abbassamento del livello delle acque
Il riscaldamento improvviso dell’emisfero settentrionale ha comportato l’abbassamento delle acque del lago Otero. Il fenomeno – che va sotto il nome di Dansgaard-Oeschger 2 – avrebbe consentito ad uomini e fauna di camminare sulle superfici esposte del lago. Una ricerca che va avanti dal 2019, quando sono state rinvenute le prime orme dal biologo David Bustos. Le analisi hanno riportato dei risultati strabilianti. Si tratterebbero di impronte di umani di piccole dimensioni (forse bambini o giovani) insieme ad altre tracce – non molto distanti- di uomini adulti e animali. La buona conservazione delle tracce nel fango fanno ben sperare…
Impronte umane del Pleistocene cambiano tutto, i primi insediamenti 23mila anni fa
Perché, come e cosa abbia influenzato le migrazioni dei primi esseri umani in Nord America è ancora un mistero. Non ci sono certezze in base agli avvenimenti geologici dell’era. Ma la ricerca sta facendo passi da gigante cronologicamente parlando. Infatti sino ad ora gli insediamenti umani nell’America Settentrionale erano fermi a circa 16.000 anni fa. Ora è emersa la coesistenza dei primi abitanti umani e della megafauna già nel Pleistocene (prima dell’Olocene, l’epoca in cui viviamo).
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I resti sono riconducibili ad esseri con una massa consistente in grado di lasciare un segno. L’idea dei ricercatori Bennett e Reynolds marca l’interazione di tre variabili. Con precisione: la resistenza del substrato, massa dell’animale e rielaborazione secondaria delle tracce postume.
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Ciò spiega perché non ci siano impronte di uccelli (anche se una sembra essere stata rinvenuta), topi e di altre specie di taglia piccola. La ricerca va avanti e fa ben sperare, infatti i grandi animali si sarebbero spostati continuamente in gruppo. Solo ulteriori scavi potranno far riemergere sfumature del tutto nuove per un’analisi ancora più precisa.