Recuperare calore dalla compressione d’aria: l’innovazione rivoluzionaria per le batterie CAES

Secondo alcuni ricercatori americani possiamo cominciare a sfruttare l’efficienza dell’accumulo di energia dell’aria compressa tramite reazioni chimiche. Come? Attraverso un modello aggiornato di batteria CAES (Compressed Air Energy Storage).

Come funziona la tecnologia CAES (captured) – curiosauro.it

Rivoluzione CAES attraverso l’accumulo di energia termochimica

Arriva una proposta interessante da parte di un team di scienziati negli Stati Uniti: utilizzare una tecnica di accumulo di energia termochimica (la cosiddetta TCES) per dar vita a un modello CAES più efficiente. Lo stoccaggio ad aria compressa convenzionale è un metodo per raccogliere e accumulare energia. Di solito, questa strategia si utilizza in centrali elettriche e grandi impianti. La compressione avviene nelle ore non di punta, spingendo l’aria in camere sotterranee. Tutta quest’aria compressa viene poi riscaldata e usata per far funzionare le turbine, in modo da sfruttare le sua forza di espansione.

Secondo alcuni ricercatori dell’Oregon State University potremmo però sfruttare una strategia più stringente per immagazzinare energia tramite legami chimici ad hoc, e in questo modo recuperare gran parte del calore prodotto durante le operazioni di compressione dell’aria. A loro parere, questa innovazione potrebbe aumentare l’efficienza di andata e ritorno dell’accumulo di energia dell’aria compressa fino al 60%. Gli effetti concreti di questa strategia potrebbero essere rivoluzionari.

CAES e calore termochimico

Modello CAES – curiosauro.it

Gli impianti CAES sono già sfruttati da qualche tempo in ambito industriale. Tuttavia lo sviluppo della tecnologia Compressed Air Energy Storage è stato finora parecchio limitato dal fatto che per far funzionare queste batterie bisogna avere a disposizione grandi serbatoi naturali, come cavità sotterranee. E, ovviamente, questi serbatoi non sono così diffusi e nemmeno tanto facilmente impiegabili.

La nuova proposta arrivata dagli scienziati dell’Oregon State University potrebbe però cambiare le carte in tavola. L’idea è quella di migliorare l’efficienza dell’accumulo di energia dell’aria compressa (CAES) recuperando il calore termochimico prodotto dalle strutture che si basano su questa specifica tecnologia.

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I CAES convenzionali costano poco rispetto a ogni altra batteria. E se questa tecnologia potesse dimostrare maggiore efficienza, i vantaggi sarebbero immani. In verità, gli impianti e le centrali elettriche che si basano sul CAES non sono attualmente a emissioni zero. Questo si riscalda l’aria compressa con un bruciatore a combustibile fossile prima di farla espandere. Tuttavia, l’uso di energia chimica potrebbe rendere la soluzione ecosostenibile.

I sistemi ad aria compressa del futuro

Un modello di centrale che sfrutta l’aria compressa – curiosauro.it

Il nuovo approccio è ben descritto nel documento Thermochemical heat recovery for compress air energy storage, pubblicato in Energy Conversion and Management. In pratica tutto si basa sull’applicazione di una tecnica di accumulo di energia termochimica (TCES) per immagazzinare il grosso dell’energia in legami chimici e poi recuperare il calore prodotto durante la compressione dell’aria.

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Esistono già dei sistemi T CES basati su reazioni redox di ossido di metallo, che possono rilasciare ossigeno a pressioni elevate. Ma secondo i ricercatori possiamo prendere in considerazione qualsiasi tipo di reazione chimica. Basta che funzioni a pressioni elevate. Nello specifico potrebbe essere conveniente utilizzare il riscaldamento a resistenza per decomporre gli ossidi di bario nella fase di carica di CAES attraverso tre diverse strategie. Uno, utilizzando il trasferimento di calore diretto attraverso un letto reattivo di materiali TCES in una reazione solido-gas. Due, con scambio termico indiretto tra aria calda e sistema TCES- Tre, con una combinazione di trasferimento di calore diretto e indiretto.

 

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