E se l’Universo non fosse infinito come abbiamo sempre teorizzato? Negli ultimi anni si sta diffondendo tramite alcuni scienziati una nuova ipotesi. La chiamano la teoria della bolla intergalattica… Di cosa si tratta?
L’Universo è infinito. Così la pensa la scienza da più di cinquecento anni. Da Giordano Bruno in poi, insomma, tutti gli scienziati si sono uniformati a questo punto di vista. Anzi, si immagina che l’Universo sia in continua espansione. E proprio da questo problema è scaturita una nuova teoria alternativa. Uno studio svizzero ha cercato infatti di dimostrare che sarebbe insensato continuare a misurare la velocità di espansione dell’Universo. Perché? Perché l’infinito potrebbe essere finito.
L’ipotesi è quella che l’Universo sia costretto in una gigantesca bolla intergalattica. I fisici e gli astrofisici sanno che ci sono mille problemi nel calcolare la costante di Hubble (H0), ossia il numero che regola la velocità con cui l’Universo si starebbe espandendo. Esistono dei metodi, alcuni anche piuttosto precisi, per poter risalire a un H0 che abbia senso e riscontro. Attualmente il suo valore è approssimato a 71,9±2,7 km/s/Mpc, in accordo con altre misure basate sull’osservazione dell’Universo locale. Ma Lucas Lombriser, un fisico dell’Università di Ginevra in Svizzera, ha cercato di dimostrare che la scienza non sarà mai in grado di risalire alla costante di Hubble. Questo perché la nostra galassia si trova in una regione a bassa densità dell’Universo. E con ciò? Secondo Lombrisier questo avvallamento creerebbe una distorsione prospettica. In poche parole, lo Spazio che vediamo chiaramente attraverso i telescopi di ultima generazione farebbe parte di una bolla gigante. Ecco perché non riusciamo a trovare una misura precisa di H0. A un certo punto, da qualche parte, c’è in ostacolo percettivo: una barriera.
Le principali scuole scientifiche cercano da decenni di dare una forma o una geometria precisa all’Universo. Il modello più diffuso è quello che immagina uno spazio piatto e infinito. Fra gli altri modelli Friedmann–Lemaître–Robertson–Walker (FLRW), le forme plausibili sono di quella dello spazio di Poincaré dodecaedrico e il Corno di Picard.
Da sempre la cosmologia cerca di comprendere e stabilire una forma definitiva, ma per ora non c’è ancora una soluzione. Può anche darsi che l’Universo sia curvo, come immaginato da Lombriser. C’è poi chi ipotizza un blocco unico, e chi all’opposto immagina l’infinito fatto a “strappi”. La curvatura è comunque una teoria molto accreditata. Ciò che bisogna capire è se questa curvatura sia negativa o positiva. Un Universo finito, cioè compatto e limitato, è considerato illogico dalla maggioranza degli scienziati. In ogni caso sarà complicato per gli astrofisici risolvere la questione.
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Un altra teoria diffusa è quella dell’Universo caratterizzato da una geometria sferica: per intenderci, tutto l’Universo sarebbe un’ipersfera tridimensionale. Sappiamo che la missione Wilkinson Microwave Anisotropy Probe (WMAP) vuole cercare immagini multiple dell’Universo più distante attraverso la radiazione di fondo cosmica. L’idea è che la luce, avendo avuto tempo a sufficienza per attraversare interamente un Universo finito, oggi dovrebbe riproporre immagini già viste (cioè ripetute).
Il problema è questo: se l’Universo fosse davvero finito, la sua curvatura risulterebbe molto piccola. Funzionerebbe insomma come per la curvatura della superficie della Terra se considerata in un orizzonte di poche centinaia di chilometri. Poi, in un Universo finito, la gravità avrebbe già cessato la sua espansione, e quindi molti pianeti sarebbero collassati. A meno che tutta la realtà non sia tenuta su dalla materia oscura. Ma questo è un altro punto…
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In definitiva, anche se esistessero dei confini dell’Universo, i telescopi non riuscirebbero a scorgerli. Tutti gli esperimenti più potenti del prossimo futuro (SKA, Planck, il telescopio Webb) non saranno in grado di distinguere se l’Universo sia aperto o chiuso, finito o infinito, curvo o piatto.
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