Secondo alcune scuole di pensiero, per spiegare le catastrofi antiche, non sarebbe ingiustificato ipotizzare che i popoli del passato siano stati in grado di dar vita a vere e proprie guerre nucleari. Ma com’è possibile? Il concetto dell’atomo è indubbiamente legato alla saggezza antica, ma ciò non sembra confermare la possibilità che le popolazioni di quattromila, tremila o duemila anni fa avessero familiarità con ordigni atomici (le famigerate armi degli dèi).
Democrito, Epicuro e poi Lucrezio ci parlarono diffusamente di atomo. E da loro, appunto, viene il termine che oggi utilizziamo per descrivere la più piccola particella della materia. Gli antichi dunque avevano confidenza con la teoria atomica. Ecco perché alcuni ricercatori pensano che nell’Antichità potessero essere diffuse tecniche belliche basate sull’energia nucleare, a noi oggi sconosciute. Delle vere e proprie armi degli dèi, capaci di distruggere intere città. Ma è verosimile?
Chi conosce la storia spirituale indiana sa per esempio che il saggio indù Uluka, oltre 2500 anni fa, parlava di paramanu ossia “semi di materia”. La Tavola Varahamira, risalente al 550 a.C., cercava addirittura di dare una misura esatta all’atomo, e propose una figura molto simile all’atomo d’idrogeno. Pare poi che la sapienza indiana potesse calcolare i tempi nucleari, cioè l’infinitamente piccolo. Quindi, se gli antichi Indù possedevano tali conoscenze, può anche darsi che avessero sviluppato una tecnologia che forniva loro accesso all’energia nucleare.
Alcune pubblicazioni parlano di quarantaquattro resti scheletrici radioattivi rinvenuti nel sito archeologico di Mohenjo-Daro (che tradotto significa “monte dei morti”). In questo luogo, gli archeologi avrebbero trovato enormi massi fusi assieme dall’energia generata da detonazioni atomiche. E alcuni versi sacri induisti dedicati all’antica città parlerebbero appunto di una distruzione immane, provocata da un’energia incontrollabile. Fu un disastro naturale? Bastano, queste fragili prove, come indizi di utilizzo della radioattività nel passato?
Robert Charroux rivelò che la collina piramidale di epoca megalitica di Couhard, in Francia, presentava una radioattività estrema. La struttura primitiva, che doveva essere alta una trentina di metri, era fatta di grandi blocchi di pietra (fillite) con intonaco di ortase o argilla e soda caustica. Secondo alcuni fisici questa composizione potrebbe dar vita a una reazione di raggi gamma K41 così potente da essere ancora riscontrabile. E per quale motivo questi popoli preistorici sceglievano materiali radioattivi? Forse per creare un accumulatore. Per curarsi tramite le radiazioni?
Anche gli Egizi erano soliti utilizzare uranio radioattivo e torio. Le miniere d’oro in Nubia ne erano piene. Ne erano consapevoli? Lo scienziato nucleare Luis Bulgani ipotizzò che gli Egizi utilizzassero i materiali radioattivi come una forma di protezione rituale. Quindi consapevolmente. Ma non ne abbiamo prove, ma mai le otterremo.
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Forse anche i norreni conoscevano l’energia nucleare. Il Mjöllnir, il famoso Martello di Thor, riusciva secondo il mito a scatenare un’energia infinita e distruttiva, simile all’esplosione del principio divino originante. In pratica, un ordigno atomico.
La mitologia classica rimanda spesso a leggende di grandi battaglie combattute con armi terribili. Per esempio la famigerata guerra fra i titani e gli dèi dell’Olimpo si concluse quando Zeus “non trattenne più la propria anima” e sprigionò una forza immensa, capace di far tremare il cielo. Nei miti si parla di “fulmini che scaturirono dalle sue mani”, di “oceani che bollirono e vulcani che urlarono”.
Alcuni ricercatori pensano che l’Isola di Pasqua, in antichità, fu distrutta da una sorta di olocausto nucleare. Lo testimonierebbero alcune sculture in legno chiamate maoi–kavakava. Queste opera raffigurano uomini menomati, in ricordo di un evento traumatico.
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Possiamo affermare che le civiltà del passato abbiano davvero conosciuto l’angoscia di attacchi nucleari e stermini di massa? La storia dice di no. La scienza, lo stesso. Rimangono comunque aperti alcuni interrogativi riguardo a certe significative assonanze di senso… Ma è doveroso ricordare che neanche oggi, dopo più di settant’anni di sperimentazione dell’energia nucleare siamo veramente in grado di gestirla.
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