Già nel 1495, il nostro Leonardo da Vinci aveva portato a termine un prototipo robotico. Proprio così! Aveva messo a punto un automa cavaliere, ossia un umanoide totalmente meccanico capace di muoversi in autonomia per stupire il pubblico della corte sforzesca a Milano. Come ne fu capace?
L’automa cavaliere di Leonardo da Vinci: il primo robot della storia?
Leonardo era un esperto di automazione e di meccanica. In più, passava molte ore al giorno a immaginare nuove meraviglie tecniche e giochi d’ingegneria con cui allietare gli ospiti del suo protettore Ludovico il Moro. Il pittore da Vinci fu infatti “assunto” a corte a Milano proprio come ingegnere per i ricevimenti e le cene. Doveva, per contratto, inventare meraviglie tecniche e scene affascinanti per animare le feste degli Sforza. E l’automa cavaliere fu, almeno su carta, il suo pezzo più ardito.
Il progetto dell’automa è stato riscoperto negli anni ’50 nel Novecento, quando è stato ritrovato il famoso Codice Atlantico. Anni dopo, in base a questo codex, sono stati reinterpretati altri piccoli taccuini tascabili e autografi del genio del Rinascimento italiano. Fra queste pagine si trovano disegni dettagliati per la realizzazione di un automa: un cavaliere meccanico, coperto da un’armatura del tardo XV secolo, in stile italo-tedesco. Che cosa doveva fare questo automa? Doveva muoversi da solo, senza funi e senza sostegno umano. Secondo quanto ricavato dagli interpreti dei codici, l’automa cavaliere avrebbe potuto alzarsi in piedi, agitare le braccia e piegare la testa. E anche spalancare la mascella. Forse, intenzione di Leonardo era anche quella di fargli emettere suoni dalla bocca. Non proprio parole intelligibili, ma versi distinguibili. In che modo? Oggi pensiamo che il pittore volesse sfruttare un meccanismo di percussioni collocato all’altezza del petto.
La realizzazione dell’automa
Non abbiamo prove riguardo alla realizzazione del progetto. Gli storici, oggi, pensano che Leonardo non abbia mai portato a termine il suo automa, dato che le cronache sforzesche dell’epoca non ne parlano. Ma ciò non toglie valore al suo progetto iniziale.
Le intuizioni di Leonardo appaiono infatti molto in anticipo sui tempi e, soprattutto, funzionali. Tanti ricercatori hanno provato in questi ultimi anni ad applicare le informazioni contenute negli appunti di Leonardo per dar vita a questo progetto. E… ci sono riusciti, almeno in parte. Sono stati ricreati vari modelli del prototipo, alcuni dei quali oggi sono musealizzati. Queste repliche sono fondamentali per farci capire in che modo il pittore intendeva “animare” il suo robot. Dagli ultimi studi, si evince che l’intero automa fosse azionato da una sorta di motore meccanico centrale: un orologio.
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Alcune ricerche, condotte dal centro di ricerca italiano Leonardo3, hanno dimostrato che l’automa cavaliere era composto da più di centosettanta pezzi. Come collegarli l’uno all’altro resta però ancora un mistero…
Gli altri progetti di Leonardo
Ma Leonardo, lo sappiamo, non si accontentava mai. Oltre all’automa cavaliere, il pittore rinascimentale progettò in vita sua altri pezzi simili. Sempre automi, alcuni dei quali davvero sbalorditivi. Fra questi, un veicolo in grado di muoversi senza trazione animale. La prima autovettura, in un certo senso.
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Secondo le cronache rinascimentali, l’artista progettò anche altri cavalieri meccanici e un suonatore di tamburo. E poi c’è la già citata automobile-robot (la famosa automobile di Leonardo). Vasari, inoltre, ha tramandato un racconto in cui si dice che Leonardo abbia anche lavorato a un automa a forma di leone.